Le visite di rappresentanti europei in Cina, come l'incontro tra Emmanuel Macron e Xi Jinping, rientrano in un quadro che vede le borghesie nazionali del Vecchio Continente cercare di ricavarsi il proprio spazio di manovra. Il presidente francese ha ribadito la necessità di una strategia economica europea autonoma rispetto a Cina e USA, rivendicando una sorta di "terzo polo" geopolitico. In realtà, l'Europa, nata disunita, non esprime interessi unitari e si trova schiacciata dal rullo compressore americano.
Potrebbe scoppiare una guerra tra USA e Cina? Di che natura? Combattuta con quali armi? Una prima risposta la troviamo nel volantino "La Quarta Guerra Mondiale": questa forma sociale ha una tendenza generale alla guerra. Per non venire risucchiati dal vortice della propaganda di guerra e per trovare risposte più articolate, bisogna senz'altro ricorrere alla teoria dei giochi, al wargame. L'Indo-Pacifico è il mare della Cina, e Taiwan, oltre ad essere importante dal punto di vista economico (è tra i maggiori produttori al mondo di chip), è vista come parte dello spazio vitale cinese. Il Pacifico è diventato un'autostrada per le merci in partenza dalla Cina verso gli Stati Uniti, e i porti della West Coast americani i suoi hub strategici. Lo aveva compreso Occupy Wall Street, che li ha bloccati con gli scioperi del 2012.
Abbiamo visionato diverse cartine geopolitiche, alcune pubblicate dalla rivista Limes, in cui si vede chiaramente la strategia di contenimento della Cina operata dagli USA, che hanno tutto l'interesse a mantenere il paese asiatico dentro il suo Mare, soffocandolo attraverso la pressione esercitata da paesi come Giappone, Filippine, Vietnam, Malesia, Australia. Pechino, a sua volta, tenta di uscire da questo cul-de-sac, con il progetto della Nuova Via della Seta (che arriverebbe fino a Lisbona), e con la strategia del "filo di perle", mirata a consolidare la sua presenza nell'Oceano Indiano fino a Gibuti, dove ha un sua base navale. Inoltre, cerca di internazionalizzare la sua moneta, il renminbi, e negli ultimi anni ha stabilito accordi separati con paesi come Argentina, Australia, Brasile, Gran Bretagna, Indonesia, Russia, Singapore, Corea del Sud, Svizzera ed Emirati Arabi Uniti.
La difficolta degli USA nel mantenere la propria egemonia sul resto del Pianeta è una delle spiegazioni sia del conflitto russo-ucraino, sia della crescente tensione nei Mari Cinesi. Tuttavia, questa perdita di energia è il riflesso dello stato in cui si trova il capitalismo come modo di produzione. Nella rivista numero 11, "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana", avevamo cercato di fare il punto su quanto stava succedendo nel mondo con le guerre in Iraq e Afghanistan, e analizzato la guerra moderna che diventava, per bocca degli stessi teorici neocons americani, infinita, totale, senza limiti.
Così come Taiwan è un importante snodo geopolitico su cui si concentrano una serie di tensioni internazionali, anche l'Ucraina è diventata il luogo dove si svolge un braccio di ferro tra le grandi potenze imperialistiche.
Il paese dell'est Europa non è certo all'avanguardia per quanto riguarda gli armamenti (che ha infatti ereditato dall'Unione Sovietica) e non ha grandi possibilità. I carri armati Leopard 2 inviati dall'Occidente hanno, ovviamente, dei corrispettivi nei carrarmati russi, anch'essi dotati di alta tecnologia. L'Ucraina potrà dunque fare ben poco, anche se aumenterà il numero dei mezzi intelligenti in dotazione; basti ricordare che la Russia conta circa 12.000 carri armati e 30.000 mezzi corazzati (fonte: Global firepower): in termini di potenza di fuoco, l'esercito russo è il secondo al mondo, dopo quello statunitense. Dai documenti segreti americani diffusi on line si evince che la NATO sta finendo le munizioni da inviare agli Ucraini, i quali hanno subito perdite molto più ampie rispetto ai Russi. Sembra, inoltre, che il sistema di difesa aerea di Kiev possa crollare a breve.
Negli ultimi mesi i rapporti interimperialistici si sono ulteriormente inaspriti, e ciò è dovuto ad un'instabilità generale del sistema. La crescita economica e produttiva della Cina non è accompagnata da una relativa proiezione militare e politica; il colosso cinese avrebbe bisogno di espandersi verso Africa, America latina, Medioriente e soprattutto Europa, più di quanto abbia fatto fino ad ora. Ciò è dovuto al bisogno di materie prime, di cibo, ma anche alla necessità di sbocchi per le proprie merci. Il dollaro è una delle armi più importanti in mano gli Americani per mantenere il potere sul resto del mondo ed il loro vero nemico non è la Russia (basti fare un confronto tra i due PIL). Gli ultimi accordi cinesi sull'uso delle valute negli scambi internazionali dimostrano che è in corso il tentativo di svincolarsi dal dominio del dollaro. Ma sappiamo che un passaggio di consegne alla guida del mondo capitalistico non è possibile, mentre appaiono sempre più mature le condizioni per un crollo generale.
In realtà, il sorpasso della Cina sugli USA c'è già stato, almeno dal punto di vista del PIL misurato in potere d'acquisto. Pechino ha una popolazione lavorativa superiore rispetto a quella americana e se non ci sarà un intervento militare diretto, allora il superamento riguarderà anche il PIL nominale (secondo alcune proiezioni entro il 2030-35), accompagnato dalla crescente riduzione del divario tecnico militare.
I problemi con cui gli USA hanno a che fare riguardano anche altre aree del pianeta, ad esempio nello Stato d'Israele, loro avamposto nel Medioriente. "Israele contro Israele" è il titolo del prossimo numero di Limes, dedicato alla violenta crisi politica e sociale che ha investito il paese.
Un'altra sfida a cui devono far fronte gli USA riguarda l'intelligenza artificiale, vedi la rincorsa della Cina allo sviluppo di proprie chatbot analoghe al più conosciuto ChatGPT. Questo tipo di tecnologie sono utilizzate anche nella ricerca di tipo militare, abbiamo visto per esempio l'importanza dei satelliti per i conflitti che verranno. L'appello firmato da Elon Musk e altri mille accademici per chiedere una moratoria di sei mesi allo sviluppo dell'IA generative fa venire in mente il passo del Manifesto del Partito Comunista, in cui si dice che la società borghese rassomiglia allo stregone divenuto impotente nel dominare le potenze sotterranee da lui stesso evocate. La sostituzione massiccia di lavoro vivo con quello morto va a minare il funzionamento che sta alla base del capitalismo, e ormai sono sempre più numerosi i borghesi che scrivono libri e articoli sulla fine del lavoro e sulla disoccupazione tecnologica.
Nell'articolo "Un modello dinamico di crisi", riprendendo il modello standard "Mondo3" del MIT-Club di Roma, avevamo indicato il 2030 come data in cui si incroceranno diverse curve dell'andamento capitalistico. L'ultimo libro dell'economista Nouriel Roubini si intitola La grande catastrofe: dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere. Sembra che gli stessi capitalisti non possano più ignorare l'accumularsi all'orizzonte di grosse nuvole nere.
Il capitalismo ha importanti problemi di funzionamento, che si ripercuotono sulla stabilità degli Stati. In Francia, nelle ultime settimane, c'è stata una grande mobilitazione contro l'aumento dell'età pensionabile, che ha prodotto una "polarizzazione sociale". Gli scioperi continuano e la collera resta alta. Negli striscioni e negli slogan vergati sui muri o scanditi nei cortei, è significativo il riferimento all'importanza del tempo libero, al furto di vita perpetrato dai padroni, al rifiuto del lavoro. Con la pandemia di COVID-19 è emerso il fenomeno delle Grandi Dimissioni, partito dagli USA e presto approdato in Europa. In quel periodo ha avuto successo il canale Reddit Antiwork. Un atteggiamento di questo tipo contro il lavoro non si vedeva da decenni, adesso è arrivato il turno della Francia, che vede in piazza oltre ai salariati anche molti giovani delle scuole.