I Cinesi non hanno valutato positivamente la guerra ingaggiata dai Russi in Ucraina, dato che nella strategia di Pechino, almeno in questa fase, è molto più importante l'uso del soft power, ovvero l'estensione a livello globale della propria influenza politica ed economica, che non intraprendere uno scontro frontale con gli Stati Uniti. In aggiunta, il conflitto ha determinato una situazione di riarmo generale che ha coinvolto anche il Giappone, nemico storico della Cina, e facente parte di un'alleanza informale con USA, Australia e India (QUAD) con lo scopo dichiarato di contenere l'espansione cinese.
Per gli USA, invece, la situazione attuale è positiva, almeno nell'immediato: la polarizzazione determinatesi in Europa in seguito allo scoppio della guerra ha portato i paesi dall'Est (Paesi baltici, Polonia, Romania) a compattarsi ancor di più con Washington e a distanziarsi da quelli dell'Ovest. Le dichiarazioni del presidente francese riguardo al bisogno di un'autonomia strategica europea si pongono nell'ottica della costruzione di una terza forza, un polo europeo autonomo, di cui però non si vedono le premesse necessarie. La posizione di Macron ricalca quella tipica della Francia, alleata degli USA ma non allineata. Secondo Limes ("Il vuoto al centro dell'Europa. Crisi Germania, Francia e Polonia opposte: un problema per l'Italia"), la mancanza di una linea unica in Europa è un grosso problema per gli interessi italiani. La Cina, con la sua "iniziativa di sicurezza globale" (GSI), si fa promotrice di una nuova comunità umana, ergendosi a rappresentante di un non meglio definito Sud globale, fondato sul multilateralismo. Sono significativi, a tal proposito, i recenti accordi commerciali bilaterali tra Brasile e Cina, e la visita del ministro degli esteri russo Lavrov a Brasilia.
Xi Jinping ha affermato che Washington, con la sua politica di contenimento cinese, impedisce uno sviluppo equo di tutti i paesi e quindi la pace globale. Pechino cerca di aprirsi nuove strade, come la Nuova Via della Seta che passa per l'Heartland (il cuore del mondo), e così facendo attira l'attenzione degli USA, contribuendo a rendere instabili aree del pianeta geopoliticamente molto delicate. Punta a fare da intermediario in varie dispute tra paesi, come in quella tra Iran e Arabia Saudita e, ora, nello storico conflitto tra Palestina e Israele (entrato a far parte dell'elenco dei paesi interessati dal marasma sociale e dal disfacimento dello Stato nonostante sia una potenza militare e di intelligence), andando a coprire spazi lasciati vuoti da altri. Oltre all'attivismo diplomatico, è significativo anche il tentativo di internazionalizzazione dello yuan, teso a minare l'egemonia del dollaro, fondata su 800 basi militari sparse per il pianeta.
Secondo la tesi da noi sostenuta nell'articolo "Imperialismo in salsa cinese", Stati Uniti e Cina hanno invertito le parti: non è il vecchio paese imperialista a finanziare la crescita del suo avversario-erede, ma è l'erede a sostenere la sopravvivenza del vecchio paese imperialista. Invece di un cambio della guardia fra paesi imperialisti, siamo di fronte ad un meccanismo di conservazione dello status quo, che però potrebbe tramutarsi nel suo contrario dato il rapporto sempre più schizofrenico che si sta determinando tra i due giganti.
La Cina è un paese dalle grandi risorse e niente sembrerebbe impedirle di ereditare il posto di paese guida dell'imperialismo. Pechino è al primo posto nel mondo per PIL a parità di poteri d'acquisto e al secondo posto per PIL nominale, ma è al 72° posto per PIL pro capite. Cosa farebbe la Cina (produttore di merce) senza un paese complementare (consumatore di merce) come gli Stati Uniti? Gli Americani acquistano prodotti cinesi e la Cina possiede titoli di Stato americani (ultimamente se ne sta liberando). Gli USA continuano a essere un paese rentier perché strappano ancora le cedole degli investimenti passati, ma nel frattempo si indebitano invece di elargire crediti. Quando si parla di un impero in declino e di uno in ascesa, bisogna tenere a mente che il capitalismo d'oggi è senile ad Est come ad Ovest, la parabola del plusvalore ha un inizio e una fine, e il sistema ha una freccia del tempo, cioè perde energia.
Per questo motivo la tendenza alla guerra si fa sempre più reale. Essa sta assumendo varie forme: conflitto civile, militare, finanziario, spaziale, cibernetico, ecc.
La guerra civile c'è già ed è globale, perciò non è più possibile applicare la parola d'ordine "trasformare la guerra imperialista in guerra civile". In Sudan si è verificata una spaccatura tra esercito e paramilitari e la situazione si è velocemente trasformata in uno scontro generalizzato. Interessi internazionali e locali si intrecciano e producono mix esplosivi. Anche i fronti interni scricchiolano. La Francia, che non è certamente un paese secondario a livello mondiale, da settimane è alle prese con manifestazioni, picchetti e scioperi. Molti analisti hanno scritto che la guerra civile negli States non è un fenomeno a venire ma già in corso, sia per gli scontri interni alle istituzioni, sia per il numero di armi in circolazione e dei morti per scontri a fuoco. La Cina sta in piedi grazie ad un patto non scritto tra partito-stato e popolazione, per cui quest'ultima accetta un controllo governativo soffocante in cambio del miglioramento delle proprie condizioni di vita. Ci sono comunque migliaia di rivolte operaie ogni anno: il colosso cinese ha bruciato le tappe divenendo un paese imperialistico in breve tempo, ma senza la storia e la struttura corruttrice di questi ultimi.
In un articolo dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), intitolato "Il futuro della guerra", si prefigura il conflitto globale prossimo venturo, che vedrebbe l'utilizzo di armi tradizionali coadiuvate da altre tecnologicamente più evolute, come satelliti, intelligenza artificiale e droni. La guerra in Ucraina rappresenta chiaramente una fase di transizione: ogni guerra inizia con le tecniche, i metodi e le armi della guerra passata e sviluppa armi, metodi e persino teorie delle guerre successive. La guerra attuale, ibrida, prevede il controllo dell'acqua, del cibo, dell'energia, l'uso di partigianerie e agenti di influenza. Attacchi informatici, disinformazione e sabotaggi sono ampliamenti utilizzati. Nessuno capisce più quali siano le immagini e i video reali e quali quelli generati dai sistemi di intelligenza artificiale.
Dunque, quale sarà il futuro della guerra? Di sicuro non le trincee ma i missili ipersonici, non il pesante acciaio dei carri armati ma l'intercettazione delle onde elettromagnetiche emesse da una stazione radar. Si tratta di scenari da incubo in cui gli uomini, "insardinati" in metropoli da decine di milioni di abitanti, potrebbero trovarsi, in seguito all'interruzione delle catene logistiche, senza acqua, cibo e riscaldamento. Se collassano determinati hub, se si bloccano alcuni stretti (per esempio il canale di Suez, vedi caso Ever Given), il mondo capitalistico potrebbe andare velocemente fuori controllo. Per questa ragione ognuno cerca di occupare nuove arterie commerciali, anche quelle che passano per l'Artico, ricco di risorse naturali.
Per concludere, a differenza di quanto scrive Lucio Caracciolo nel suo ultimo libro (La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa), la storia non è ricominciata, per il semplice fatto che non si è mai fermata, ha semplicemente subito un'accelerazione.