4) E' razzismo chic
[...] Quanto alle riunioni del G8, e alle periodiche mischie tra gendarmerie globaliste e Bambini di Dio dell’antiglobalismo, forse bisognerebbe ragionare un po’ su quella che, insieme al marxismo sovietico e alla psicoanalisi, è una delle più schifose teologie del secolo, vale a dire l’antropologia culturale.
Questa faccenda delle "identità", anzi delle "culture" e delle "diversità" eternamente da difendere, una teodicea con le forme della pseudoscienza, non è semplicemente miserabile, ma è miserabile proprio sotto il profilo morale, il solo a cui io faccia appello. È razzismo chic. Tu nasci indio o bantù, dice l’antiglobalista, quindi devi restare tale per omnia saecula badando a conservare la tua identità e la tua cultura contro le tentazioni della modernità, alla cui croce il demonio globalista, cioè il corso luciferino del mondo, vorrebbe inchiodarti. A noi (gli sfortunati) il frigorifero, le scarpe, i telequiz, le riviste porno, il sistema pensionistico, i voli charter, Mozart e i Beatles, la medicina moderna, gli anticoncezionali e i film western. A te (buon selvaggio, fortunello che sei) una cerbottana, un osso attraverso il naso, la mortalità infantile, le suore, i missionari, l’astuccio da pene e un eterno concerto di tam-tam. Questo o la tua cultura rischia d’essere "distrutta".
E che cosa direbbero allora i signori della Sorbona, le teste d’uovo dell’università, dove ormai da cinquant’anni tutti s’indignano al pensiero che tu, indio o bantù, possa essere manipolato fino a desiderare di campare il più a lungo possibile, magari anche comodamente, frequentando qualche scuola, mangiando cibi conservati, praticando l’arte diabolica del controllo delle nascite, sbarazzandoti dei satrapi tribali che governano la tua vita (magari con l’aiuto dei "volontari cubani" e del buon selvaggio assoluto, il gran capellone dei manifesti e delle t-shirt, prima Che Guevara in persona, poi il suo ectoplasma). Be’, è un’idea d’umanità che non si applica neanche più agli animali da quando sono stati aboliti i giardini zoologici.
Eppure è così che ragionano gli antiglobalisti, dagli eterni ragazzini dei centri sociali (una tribù oltretutto tra le più globalizzate, tutti a recitare gli stessi slogan papisti da un capo all’altro del pianeta, tutti con lo stesso passamontagna, tutti con gli stessi pantaloni scampanati, tutti collegati allo stesso sito web) su su fino ai castristi in cashemire, gli stessi che hanno sprecato una vita ad affrontare i problemi "nella loro globalità". È il mondo di Gobineau e di Hitler giusto un po’ incivilito: la "difesa della razza" sub specie culturale.
A Vienna, negli anni dieci del secolo scorso, si diceva che l’antisemitismo era il socialismo degl’imbecilli. Grazie all’antiglobalismo, oggi abbiamo anche l’estremismo dei quaquaraquà, e la storia universale dell’infamia continua.
5) "BATTAGLIA COMUNISTA"
ANTIGLOBALIZZAZIONE? ANTICAPITALISMO PER IL COMUNISMO
Globalizzazione è un termine caro alla borghesia e ai suoi mass-media, ma che noi dobbiamo e vogliamo sostituire con mondializzazione imperialista. Con questo termine intendiamo l’attuale modo d’essere del capitalismo che vede il dominio incontrastato del capitale finanziario, da una parte, e la possibilità di distribuire sull’intero pianeta le diverse fasi di un medesimo processo produttivo (dei pomodori in scatola o delle automobili o dei giocattoli), dall’altra. Ricordiamo, a scanso di equivoci, che imperialismo non è altro che una fase del modo di produzione capitalista. Non è una.. politica.
[...] Dei due precedenti blocchi contrapposti - Nato e Patto di Varsavia - quest’ultimo è scomparso.L’implosione del blocco imperialista sovietico, contrabbandata come fallimento del… socialismo, ha sconvolto gli schieramenti di prima aprendo così un rimescolamento delle carte che porta fatalmente alla aggregazione di nuovi blocchi sulla base della rottura del precedente fronte NATO.
Se qualcuno pensa che nei vertici del G8 si mettano d’accordo per il governo del mondo in un ipotetico super-imperialismo mondiale, sbaglia di grosso. Nei loro vertici gli 8 grandi finiscono sempre col litigare. Questa volta, a Genova, gli Europei si presentano un poco più forti, grazie agli accordi presi a Goteborg, su temi apparentemente chiave, come quello dell’ambiente e dei protocolli di Kyoto, e su quelli meno propagandati, ma parimenti importanti, quali il commercio mondiale dell’acciaio…
Una nuova grande trappola si profila, mediante la quale le borghesie americana ed europea -indipendentemente dalle eventuali rotture anche in Europa – chiameranno i rispettivi proletari a raccolta attorno a sé contro il nemico dei "sacri interessi nazionali" o delle altrettanto sacre ideologie contrapposte.
La capacità di tenuta degli attuali movimenti "anti-globalizzazione" è legata alla loro capacità di non frammentarsi negli schieramenti che l’imperialismo prepara. Bush sta già facendo la sirena con i l’AFL-CIO e i siderurgici americani: le loro istanze "antiglobalizzazione" - dice - coincidono con la necessità di proteggere l’acciaio americano e la bilancia del commercio estero.
La condizione perché un grande movimento civile come questo resista alle divisioni imperialiste sarebbe dunque la adozione del punto di vista di classe, sarebbe la sua trasformazione in movimento anticapitalista, per la rivoluzione comunista, sarebbe in sostanza il superamento del suo interclassismo.
Solo una forte ripresa dell’iniziativa di classe operaia, anche solo per l’intransigente difesa dai pesanti attacchi del capitale, può polarizzare i movimenti civili (della cosiddetta società civile) sul terreno solidamente anticapitalista.
E’ per questo che il compito prioritario oggi dei rivoluzionari è contribuire - per quanto è possibile alle forze soggettive - alla ripresa della lotta proletaria, autonoma dalle politiche di compatibilità dei sindacati e dalle logiche sindacali.
Ma la stessa ripresa di classe non avrà prospettive di vittoria senza l’organizzazione politica adeguata alla guida della titanica battaglia: il partito internazionale del proletariato.
Troppe volte si sono visti movimenti anche più oggettivamente di classe (dalla Polonia dell’agosto ’80 al movimento dei minatori britannici ….) cedere subito alle sirene del riformismo e alle lusinghe del mercato politico radical borghese, per la drammatica, vistosa assenza di una adeguata forza politica organizzata sul programma rivoluzionario. E’ ormai pesante e drammatica la necessità del partito rivoluzionario internazionale del proletariato.
Ed è per questo che chiamiamo le avanguardie a raggiungere e rafforzare le sezioni e le organizzazioni simpatizzanti del BIPR.
6) "CAMPO ANTI-IMPERIALISTA"
CHI SONO I CRIMINALI?
Appello alla mobilitazione immediata per l'assassinio del compagno Carlo Giuliani
Il 20 luglio, a Genova - mentre tutti manifestavamo il nostro legittimo dissenso contro il vertice G8, contro i governi che hanno sulle spalle la suprema responsabilità delle guerre, del massacro sociale contro i popoli oppressi, delle abissali diseguaglianze, dell'inarrestabile distruzione dell'ecosistema - il compagno Carlo Giuliani e' stato assassinato a sangue freddo da un colpo di pistola.
Il suo esecutore materiale è un esponente delle "forze del disordine", ma i mandanti sono i vertici dello Stato, i quali - come tutti noi a Genova abbiamo potuto verificare - hanno schierato le forze di polizia in maniera provocatoriamente offensiva, con il mandato chiaro di colpire i dimostranti, pacifisti o meno che fossero, con la massima durezza e ferocia.
Il governo Berlusconi - ed al suo interno in particolare il Ministro degli Interni Scajola - ha ora le mani sporche del sangue di un giovane italiano.
Lo spauracchio del "blocco nero" o di presunte frange di violenti pronti a tutto infiltrate nei cortei sono solo cinici pretesti per camuffare la meccanica degli eventi, un capro espiatorio per occultare le pesantissime responsabilità del governo di centro-destra che ha cercato, come noi temevamo, di mostrare i muscoli contro tutta l'opposizione sociale.
Non possiamo permettere che la morte di un compagno sia coperta di sporche menzogne, il cui unico scopo è l'insabbiamento delle indagini e l'occultamento delle responsabilità.
Onore al compagno Carlo Giuliani.
Massima e incondizionata solidarietà a tutti i manifestanti feriti, arrestati e denunciati.
Dimissioni immediate del Ministro degli Interni Scajola.
Non ci faremo intimorire dal terrorismo di Stato, e chiamiamo tutti i compagni ad organizzare nelle loro realtà territoriali immediate manifestazioni di protesta, sit-in e campagne di sensibilizzazione, affinchè la morte di Carlo Giuliani non sia avvenuta in vano.
Campo Antimperialista
7) "OPERAI CONTRO"
I RAGAZZI DI GENOVA
Mentre una grottesca maschera da clown accoglieva, come una signorina borghese di mezza età, i notabili mondiali del G8 nel salotto buono di Genova, fuori dal palazzo i mercenari erano in azione.
Da una parte plotoni armati e organizzati, in tute da extraterrestri, dall’altra una massa di manifestanti, in maggioranza adolescenti disarmati, senza nessuna esperienza di scontri di piazza, che aveva il suo battesimo del fuoco.
Erano andati a Genova con allegria, quasi per gioco. Hanno pensato che i loro ideali erano troppo giusti per non essere condivisi da tutti. Avevano promesso ingenuamente di entrare nella rocca dei potenti per sfidarli. I più, con l’unica protezione di una imbottitura di gommapiuma, disarmati. Si sono trovati di fronte un muro di bastonate, lacrimogeni e proiettili.
Sono stati attaccati, inseguiti e massacrati a decine, a centinaia.
Hanno imparato in fretta. Hanno imparato a reagire.
Carlo è morto in queste circostanze. A detta di chi lo conosceva era un bravo ragazzo, un idealista, uno scontento. Si è trovato in quella fornace come migliaia di suoi coetanei e all’ennesima carica ha cercato di reagire.
Inesperti, si sono esposti al fuoco dei mercenari e Carlo è caduto. Il suo sangue costerà molto caro però alla borghesia.
Hanno militarizzato una città, bloccato frontiere e vie d’accesso e l’unico risultato è stato quello di moltiplicare i partecipanti alle manifestazioni.
Hanno caricato e massacrato incessantemente e come risultato hanno creato i presupposti affinché una nuova generazione di giovani si avvii alla rivolta.
Con il loro atteggiamento hanno spazzato via in un colpo solo tutte le illusioni sulla possibilità di manifestare contro i "potenti" in modo pacifico.
La mistificazione sulle giornate di Genova è grande, ma tra gli operai, i disoccupati e tutti i diseredati che il capitalismo crea, la simpatia va ai ragazzi di Genova.
Onore a Carlo!
Onore ai rivoltosi di Genova!
8) Una lettera indirizzata a "Rete Lilliput"
LA TRAPPOLA DELLA VIOLENZA
Non si scherza e non si gioca con la violenza, neppure in forma verbale o "virtuale", come sarebbe stata, secondo Luigi Manconi, quella delle tute bianche. "Le parole sono pietre", sosteneva giustamente Carlo Levi. La posta in gioco e' troppo alta, per entrambi gli attori sociali (istituzioni e movimenti), per illudersi che sia possibile affrontare la molteplicita' di conflitti scatenati dai processi di globalizzazione in corso con vecchie formule politiche e di lotta. Occorre cambiare rotta, modificare il nostro stile di vita sia individuale sia collettivo (il modello di sviluppo) per renderli autenticamente equi e sostenibili. Non e' certo un'impresa da poco! L'american way of life e il modello di sviluppo e di economia ad esso sotteso sono largamente condivisi da ampi settori dell'opinione pubblica nei paesi ricchi, dalle elite in quelli poveri e, contraddittoriamente, dallo stile di vita reale di molti degli stessi oppositori.
Rabbia e paura sono due degli ingredienti negativi e pericolosi che sono stati presenti nell'animo e nelle azioni di molti di coloro che hanno dato vita alle manifestazioni del movimento di protesta, da Seattle in poi. Ma la rabbia, contrariamente a quanto sostengono alcuni agitatori politici, e' segno di debolezza, impotenza, ribellismo sterile e conduce facilmente all'insuccesso.
Gli scontri avvenuti a Genova erano abbastanza prevedibili, alimentati tra l'altro da un processo mediatico che ha irresponsabilmente enfatizzato proclami violenti, portando alla ribalta personaggi che ben poco avevano da dire su "quale mondo migliore e' possibile". Con queste premesse, la scelta di indire una grande manifestazione, condotta secondo schemi classici e tradizionali, e' stata alquanto infelice. A maggior ragione se si considera la quasi totale impreparazione nell'assicurare un servizio d'ordine e di interposizione nonviolento che isolasse le frange nichiliste (un cocktail letteralmente esplosivo di tute nere, neonazi e provocatori della polizia). Dopo la tragedia, le accuse reciproche di violenza rischiano di essere sterili, addirittura ingenue e superficiali.
Non c'e' bisogno di scomodare Pasolini per condannare senza alcuna indulgenza azioni di guerriglia urbana che hanno come obiettivi polizia e carabinieri e che portano con grande probabilita' a risultati tragici. La morte di Carlo Giuliani e' la doppia tragedia di due giovani quasi coetanei provocata da un'assurda e insensata quanto stupida concezione di lotta violenta. Ma e' bene ricordare anche l'episodio, segnalato solo da alcuni giornali, del poliziotto che ha ringraziato pubblicamente quel gruppo di una quindicina di giovani che lo hanno difeso da un assalto delle tute nere, inginocchiandosi e coprendolo con i loro corpi. E' un esempio di nonviolenza attiva, del forte, del coraggioso, che avrebbe dovuto essere praticata da migliaia di persone per impedire le scorribande dei provocatori. La violenza innesca una spirale perversa. L'abbiamo visto troppe volte, in ogni latitudine e nelle situazioni piu' disparate. Certo, coloro che hanno impartito gli ordini alla polizia, e i poliziotti che li hanno eseguiti, si sono comportati in modo vigliacco utilizzando metodi tipici delle squadracce fasciste. Ma che cosa c'e' di nuovo in tutto cio'? E' il mestiere antico delle armi, degli eserciti e delle polizie di tutto il mondo, sul fronte interno e su quello esterno. Non ci sono solo i "morti di Reggio Emilia" giustamente ricordati da Marco d'Eramo ("Il Manifesto", 24.7.2001), ma anche le recenti incursioni nei centri sociali (Askatasuna a Torino, Leoncavallo a Milano) condotte con lo stesso stile di quelle di Genova. Non dimentichiamoci mai che lo stato moderno si fonda sul monopolio della violenza e che le peggiori atrocita' sono state commesse proprio dalle autorita' statuali nei confronti dei propri concittadini.
La via maestra per spezzare questo circolo vizioso e' quella della nonviolenza attiva. In questi giorni abbiamo sentito molte volte, troppe volte, usare a sproposito questa parola che, come tante altre, rischia di subire un degrado entropico. Non bastano i proclami generici e gli slogan, e tanto meno gli pseudo satyagraha elettorali dei radicali.
[...] La nonviolenza e' la sfida del XXI secolo per liberare oppressi e oppressori, vittime e persecutori dalle catene della violenza che li disumanizzano entrambi.