22) Viviamo in un paese senza politica estera
Nei giorni scorsi anch’io, chiacchierando con amici vari, ho riflettuto su polizia, Genova e servizi. Questi ultimi, in Italia, non sono più ingovernabili che altrove, ma qui da noi inseguono dall’affaire Matteotti in poi, e forse da prima ancora, l’idea bizzarra che i potenti di turno vadano sempre favoriti in qualche modo, ieri pilotando per esempio qualche bomba mezz’anarchica/mezza fascista sulle banche dell’autunno caldo, oggi inviando buste esplosive a questo e a quello. Non importa che il potente chieda o abbia bisogno del favore (in genere non si tratta affatto d’un favore). Non c’è bisogno di chiedere: questi qua leggono il pensiero, e importa poco chi abbia nominato chi.
Per di più la storia dei nostri servizi è storia di racket in guerra tra loro, anche qui fin dal tempo dei tempi: già sotto il Dux c’era una potente fazione filoaraba dei servizi, per dire. E stiamo parlando soltanto di servizi italiani, senza tener conto di tutti gli altri. Quanto ai nostri poliziotti, basta essere fermati per una contravvenzione per capire di che roba si tratta, professionalmente parlando, e a che cosa si può andare incontro quando ne mobiliti qualche migliaio in una volta sola. È ridicolo che gli si presenti il conto di qualche manganellata, ma è anche ridicolo che un apparato di polizia, impegnato in faccende di ordine pubblico, in occasione poi d’un incontro internazionale organizzato apposta per le televisioni, mandi in piazza gente che non tiene le telecamere nel dovuto conto. Si tratta di capire, naturalmente, se una simile polizia ci tocchi per ragioni politiche o genetiche.
D’altra parte, come dite anche voi, non dimentichiamo mai che l’Italia è un paese senza politica estera. C’è stato un tentativo sgangherato, a suo tempo, di metterne in piedi una da parte di Craxi e Andreotti, appunto la politica estera filoaraba apertamente dichiarata degli anni ottanta, finita con Sigonella e Tangentopoli. Da allora questo è l’unico paese al mondo (credo) che viene apertamente governato dai boss delle banche centrali: Ciampi, Dini e in futuro anche Fazio. Per non parlare di personaggi come Prodi, che hanno rappresentato l’Italia, per anni e annorum, nei consigli d’amministrazione delle principali banche internazionali.
Per il globalismo, che all’Italia appare come un problema di politica estera, l’Italia è un problema di politica interna.
23) L'Italia come prossima iugoslavia?
Alla luce di ciò che è avvenuto si possono facilmente strumentalizzare le posizioni di chi "si tiene fuori" ma credo che ciò non può che restare fine a se stesso, in fondo è l'accusa che ancor'oggi muovono alla Sinistra Comunista, nonostante gli evidenti disastri capitalistici e anti-comunisti della resistenza e del '68. A ciò mi limiterei a ricordare il grande contributo della Sinistra Comunista nel cercare di salvare dalla brutale logica delle lotte all'interno del sistema svariate migliaia di compagni la cui vita non vale la pena essere sprecata per ferire (a che fine?) uno stupido rappresentante dell'ordine costituito. Il povero ragazzo ucciso il 20 già è diventato il nuovo martire da immolare alla causa del potere democratico, del carrierismo partitico e della speculazione associazionistica delle varie ong, ecc.
Tanto i cattivi di turno li hanno trovati, gli anarchici che spuntano fuori all'occorrenza, peccato che gli unici radicalmente violenti verso altre persone, specialmente indifese, erano in divisa e rappresentavano legittimamente le istanze e soprattutto le esigenza di uno stato democratico.
Proprio a questo proposito volevo sollevare un interrogativo che può sfociare in fantapolitica e proprio per questo credo sia realistico. L'Italia può divenire la nuova Yugoslavia, con le dovute differenziazioni del luogo e del tempo? Non riesco altrimenti a comprendere diverse delegittimazioni di questo paese (in cui purtroppo vivo) che avvengono da un pò di tempo a questa parte. Dalle dichiarazioni pre-elettorali dell'Economist, alle inchieste di Amnesty Int. (ora anche per i fatti di Genova), dalle dichiarazioni di diversi esponenti di primo piano della politica internazionale (specialmente gli europeisti) sulla gestione del G8, all'importanza crescente dei meccanismi di decentralizzazione dello Stato, con richieste autonomiste sempre più radicali e importanti (dalla Padania alla Sicilia).
Per quel pò che ne so l'Italia è un anello debole del sistema capitalistico mondiale, ha uno stato sociale ancora troppo forte, istanze antagoniste ancora da cancellare (come avvenuto altrove) e soprattutto ha un sud quasi da terzo mondo su cui si può agire in diversi modi.
E' possibile fare un collegamento tra ciò e la scelta politica di fare ben due vertici del g8 proprio in Italia, con conseguenti "necessarie" pratiche repressive della polizia da strumentalizzare in seguito o comunque da usare come arma di ricatto "umanitaria" (come avvenuto con Russia, Cina,ecc.) dalle istituzioni di governance mondiale? Come deve comportarsi un comunista? Questo mi domando alla luce della manifestazione dei radicali di Pannella a favore della globalizzazione e del governo mondiale. Manifestazione che ritengo radicale nel vero senso della parola in quanto mi sembra che rappresenti al massimo grado le istanze della mia controparte, del capitale mondiale e delle sue istituzioni internazionali esistenti (FMI, BM, WTO, ONU) e nascenti (tutte quelle che dovrebbero garantire il diritto internazionale e i cosiddetti diritti umani e civili). Mi tornano alla mente le parole di Pannella contro il capo dello stato Ciampi (da vero estremista liberale) che facevano presagire la necessità che ha il mercato di eliminare ogni ostacolo "burocratico" (lo Stato italiano) sulla sua strada e poi ricordo la sua foto in cui aveva in testa il cappello da ustascià croato. Senza contare i discorsi "umanitari" di denuncia della "iena" Bonino, la stessa delle pulizie etniche dei serbi.
So che comunque è sbagliato da queste premesse concludere con una posizione che può sfociare in nazionalismo, quindi sbagliata nel caso di una metropoli imperialista quale è l'Italia, però credo bisogni tener seriamente conto di questi fattori per trarne importanti indicazioni politiche.
24) "LABORATORIO MARXISTA"
[...] La prima precisazione che occorre fare è quella che riguarda la vera responsabilità politica della feroce repressione genovese.
Certo, chi ha ammazzato a sangue freddo, chi ha sequestrato, torturato, picchiato, insultato, aggredito, arrestato centinaia e migliaia di dimostranti, sono stati carabinieri, polizia, guardia di finanza, polizia penitenziaria.
Chi ha orchestrato ed attuato lo stato di guerra a Genova, blindandola a suoi stessi cittadini, sono stati i servizi segreti italiani e stranieri, Cia in testa. Chi ha diretto e organizzato le azioni squadristiche delle forze repressive sono stati i vertici delle cosiddette forze dell’ordine alcuni dei quali sono stati rimossi dai loro incarichi. Chi ha protetto e garantito con l’impunità persino gli assassini è il governo Berlusconi, con Scajola e Fini in prima fila.
Certo, tutte queste cose sono assolutamente sacrosante. Tutta questa gente, dai picchiatori e torturatori delle forze di polizia fino al Governo sono responsabili,politicamente e materialmente della morte di Carlo Giuliani e delle violenze. Ma c’è una responsabilità più impercettibile, che appare quasi impersonale e che sembra dunque non imputabile: è la responsabilità del sistema capitalistico nel suo complesso, di cui poliziotti e governo sono espressione.
Se non riusciamo a comprendere questo elemento, non riusciremo a comprendere perché i vertici delle forze di polizia che sono state impegnate a Genova (dal capo della polizia De Gennaro al capo dell’anti-terrorismo La Barbera, dal questore di Genova Colucci al capo delle Digos Andreassi) siano stati tutti nominati dai passati governi di centro-"sinistra".
E non comprenderemo perché a Napoli, alcuni mesi fa, manifestazioni analoghe siano state represse in modo altrettanto violento da parte di un governo di centro-"sinistra" per impedire a lavoratori, studenti e disoccupati di manifestare contro i potenti del mondo e contro le misure varate dal governo in materia di lavoro.
Una domanda che ci dobbiamo porre ed a cui è indispensabile rispondere è questa: se al governo vi fosse stato il centro-"sinistra" le cose sarebbero andate nello stesso modo oppure sarebbero andate diversamente ?
E’ sufficiente dichiarare fascista il governo Berlusconi per liquidare la necessità di una vera analisi di cui abbiamo bisogno non solo per comprendere Genova, quanto piuttosto per comprendere i possibili scenari che si aprono dopo Genova ?
Le cose sono meno semplici di quanto può superficialmente apparire. Noi riteniamo che a Genova, per due giorni, lo stato, le forze repressive e gli stessi mass-media abbiano operato in sostanza come in un vero e proprio regime fascista. Per due giorni Genova è stata quasi come Buenos Aires, come Ankara, come Lima. Per due giorni invece che per dieci anni. Questa è la vera differenza che però non è una differenza secondaria.
Anche se la repressione scatenata contro il movimento antagonista (nella sua più ampia accezione, dai centri sociali ai gruppi rivoluzionari, alle manifestazioni di piazza) nel corso di questi ultimi 2-3 anni - e particolarmente nell’ultima fase - fa venire la voglia di parlare di regime fascista, dobbiamo essere cauti.
Se fossimo davvero convinti che quello che abbiamo di fronte è il fascismo, se quello che abbiamo di fronte fosse effettivamente il fascismo, non potremmo non trarne delle necessarie conseguenze politiche ed organizzative. Contro il fascismo sarebbe necessario combattere come combatterono i partigiani nella Resistenza Antifascista, non certo con la propaganda e i volantinaggi.
Oggi, le sedi del movimento rivoluzionario non sono proibite, così come non sono proibite associazioni politiche comuniste o anarchiche; i compagni e le compagne possono sviluppare "liberamente" (per quanta "libertà" la borghesia sia disposta a concedere) la propria attività politica. Le organizzazioni politiche possono convocare riunioni e organizzarsi. Questo, dunque, non è ancora un vero regime fascista. E’, semplicemente, la "democrazia" borghese, la "democrazia" delle classi dominanti, la "democrazia" dei ricchi.
L’azione dello stato a Genova è stata un’azione non solo repressiva, ma anche preventiva. Proprio perché il movimento non esprime un potenziale rivoluzionario che possa mettere seriamente in discussione il potere delle classi dominanti era necessario lanciare un segnale inequivocabile, un segnale di carattere terroristico, un segnale - appunto - orientato a terrorizzare quanti più dimostranti possibile e a seminare il panico e la divisione.
Il risultato, è inutile nasconderlo, è stato in buona parte raggiunto. A Genova lo stato ha inteso fare sfoggio della sua forza militare e repressiva, ma in questo modo ha anche indicato al movimento, e particolarmente ad alcuni suoi settori più avanzati, la strada da percorrere per poter organizzare efficacemente la lotta contro il potere che uccide centinaia di milioni di persone per fame, malattie, guerre, carestie…
E questa strada è, evidentemente, la strada della ricostruzione a livello internazionale dell’organizzazione politica rivoluzionaria del proletariato, cioè il partito comunista. Senza il partito comunista e senza la sua autorevolezza ogni movimento è destinato alla sconfitta.
Qualcuno ha detto che il movimento cosiddetto "anti-globalizzazione" sta all’oggi come il movimento studentesco sta al ‘68. Può darsi. In questo movimento, come in quello del ‘68, si incrociano spinte e tensioni spesso profondamente diverse e contraddittorie. E oggi, come allora, alcune parti del movimento troveranno uno sbocco politico superiore capace di organizzare la voglia di cambiamento che in moltissimi giovani si rivela in modo così radicale.
Proprio la radicalità delle forme di lotta - e non certo la radicalità delle rivendicazioni politiche - ha imposto il movimento "anti-globalizzazione" all’attenzione di tutto il mondo. Da Seattle in poi, ogni manifestazione è stata segnata da scontri con la forze repressive, ed anzi la forza propulsiva del movimento è stata quella di avere messo a nudo il vero volto repressivo dello stato (come ad esempio impedire l’accesso a Nizza o a Genova da parte di manifestati stranieri).
Le immagini di manifestanti "armati" di bastoni, caschi, sassi, maschere anti-gas… hanno fatto il giro del mondo e quasi tutti coloro che oggi si scandalizzano degli atti "vandalici" dei "black block" li hanno usati nelle riviste, nei volantini, nei giornali, nei manifesti, nelle magliette… per catturare l’immaginario ribellistico di tanti giovani.
Del resto quelli che oggi vengono chiamati "black block" e che in altre occasioni sono stati chiamati "squatters" o "casseurs" sono stati protagonisti di movimenti di massa importanti come quello nato in Francia dalle periferie sottoproletarie di Parigi che costrinse il governo Balladur a respingere lo Smic, la proposta di salario "d'ingresso" - cioè ridotto - per i giovani disoccupati (e che in Italia è stata messa a punto da Prodi con l’appoggio di Cgil-Cisl-Uil e PRC).
Anche solo per queste semplici ragioni è davvero di una infinita ipocrisia la "levata di scudi" dei vari Agnoletto & co. contro i "vandalismi" delle tute nere ed è da rispedire al mittente il tentativo di lasciar intendere che a Genova sia stata la violenza "estremista" e "distruttiva" del cosiddetto "blocco nero" ad innescare la spirale repressiva.
Lo stato ha colpito in modo premeditato. Punto.
[...]
PER FARSI UN'IDEA DELLA NEBULOSA NO GLOBAL
[Qui c'era un lungo elenco di indirizzi Web, per la maggior parte ormai obsoleti]