La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con il commento di alcune note di un compagno sul libro di Nouriel Roubini La grande catastrofe: dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere.
Il libro è forse il primo in cui nella parte conclusiva non si fa cenno a miracoli per salvare la società capitalistica da sé stessa. Già questo è un tratto interessante. Infatti, l'autore propone solo due scenari a cui deterministicamente faremo fronte: uno "distopico" e uno "utopico". Ancora una volta l'economia politica si dimostra incapace, attraverso i suoi modelli e strumenti interpretativi, di compiere un salto, a noi già noto, "dall'utopia alla scienza". Se non si riconosce il comunismo come " movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", non si possono che raffigurare distopie e utopie rinascimentali (altro spartiacque storico). I due termini sono raffrontati senza far riferimento a un qualsiasi parametro di specie: Utopia rispetto a cosa? Distopia dovuta a? Roubini ci spiega solo che siamo in una tempesta "perfetta", perché le megaminacce ormai incombenti sono date come "strutturali"; diremo noi, connaturate all'attuale modo di produzione. Sono strutturali ma non si dà una spiegazione di questo aggettivo. Si dice, correttamente, che la complessità delle megaminacce sta nella loro sincronia e nell'interagire tra loro, difficilmente prevedibile e computabile. L'ideologia dominante comincia a proporre la sua visione cieca: è molto più facile pensare la fine del mondo che la fine del capitalismo.
Per l'economista statunitense è sicuro che una bolla finanziaria scoppierà, l'incognita riguardo solo il quando e quanto in termini di danni provocati. Dice inoltre che bisogna tenere d'occhio l'eurozona e i suoi anelli più deboli, come Italia e Grecia, i primi che a causa di una crisi del debito potrebbero saltare, provocando un effetto domino.
Durante la teleriunione del 30 agosto, a cui hanno partecipato 14 compagni, abbiamo commentato l'intervista a Dennis Meadows, uno degli autori del famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo del 1972. A 50 anni dalla pubblicazione, lo scienziato americano fa un bilancio dell'opera.
Partendo dallo scenario standard del Modello Mondo3, Meadows afferma che tutte le previsioni relative all'andamento della produzione industriale e alimentare, alla crescita della popolazione, e alle problematiche legate all'inquinamento si sono verificate, e che "il mondo sta mostrando sempre di più le conseguenze di uno schianto contro i limiti". Nell'intervista si ricorda anche il modello matematico HANDY, sviluppato nello studio "Human and Nature Dynamics: Modeling Inequality and Use of Resources in the Collapse or Sustainability of Societies" (Dinamiche umane e naturali: modellazione della diseguaglianza e dell'uso delle risorse riguardo al collasso o la sostenibilità delle società), sponsorizzato dall'ente spaziale americano, la NASA, e di cui in passato abbiamo scritto in un paio di occasioni ("L'Italia nell'Europa feudale", newsletter n° 207, 26 marzo 2014). HANDY prende ispirazione da quanto elaborato dal matematico Vito Volterra nel 1927 riguardo la dinamica predatori/prede, ed è generalizzabile alle diverse civiltà. Il modello simula due importanti aspetti delle società prossime al collasso, e cioè la carenza di risorse dovuta alla tensione riguardo alla capacità di rifornimento, e la stratificazione economica della società in élite e masse. Il mondo d'oggi è in preda alla guerra e al marasma sociale, e queste ricerche ci dicono che non si tratta di un caso. Solo negli ultimi giorni in Indonesia migliaia di persone hanno manifestato per il carovita, e lo stesso è successo (e succede) in Sri Lanka, Inghilterra, Cile, Sudafrica, e in Iraq, dove la protesta è culminata con un assalto al parlamento. E' oramai difficile tenere il conto di tutte le proteste, le rivolte e gli scioperi avvenuti negli ultimi anni in ogni parte del globo.
La teleriunione di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata partendo da alcune considerazioni sulla situazione climatica ed ambientale.
A Saluzzo, in Piemonte, durante un temporale si sono abbattuti chicchi di grandine di 10 centimetri, devastando le coltivazioni. Nelle scorse settimane in India si sono toccati i 60 gradi al suolo e scenari simili si registrano in Spagna. Situazione allarmante anche in Francia ed Inghilterra, dove si è registrato il record delle temperature massime. Si tratta di dati che ricordano le trame di certi film dove il cambiamento climatico repentino accelera fenomeni catastrofici che portano alla fine del mondo. Gli esperti sono concordi nell'affermare che, pur essendo grave il cambiamento in corso, non siamo di fronte a fenomeni come quelli epocali del passato. Il cambiamento climatico di oggi è dovuto a cause umane differenti da quelle geologiche. Esso è il prodotto dell'interazione dell'uomo con l'ambiente, ed è da tenere insieme ai fenomeni di polarizzazione sociale, una sommatoria di concause che possono portare ad effetti non prevedibili. Di pari passo avanza infatti la crisi economico-sociale materiale con le piazze in rivolta, interi paesi al collasso (Sri Lanka), scioperi generali di decine di giorni (Panama), fenomeni che vanno allargandosi su scala globale. Stiamo assistendo ad un'accelerazione, al mix per la tempesta perfetta, termine che prendiamo a prestito dalla borghesia, ma che si inquadra benissimo nelle previsioni catastrofiche di Marx.
La teleriunione di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata partendo con alcune precisazioni sulla questione energetica.
Sui media mainstream si parla con apprensione della possibile chiusura dei gasdotti che dalla Russia portano il gas in Occidente. Secondo The Economist ("Europe's winter of discontent"), l'Europa rischia un inverno al freddo e già adesso la situazione risulta estremamente critica. La domanda di gas è stagionale, quindi è fondamentale accumulare riserve in primavera e in estate. Solitamente, in Europa i serbatoi di gas a giugno sono pieni per metà e a novembre raggiungono l'80%, il necessario per superare l'inverno. Complessivamente l'Unione Europea importa il 60% degli idrocarburi dalla Russia. L'Italia consuma circa 70 miliardi di metri cubi di gas all'anno e ne produce circa il 5%. Coloro che parlano di autarchia per l'approvvigionamento energetico, lo fanno senza aver chiaro di cosa si tratta.
A causa del conflitto in corso in Ucraina sono mancati gli approvvigionamenti che normalmente avvengono nella stagione estiva, e questo allarma le borghesie europee. Il settimanale liberista inglese mette in guardia dalla possibilità di uno shock economico tra pochi mesi. Secondo la banca UBS, uno stop ai flussi di gas russo nell'intera zona euro potrebbe abbassare la crescita del PIL di 3,4 punti percentuali, e aumentare l'inflazione di 2,7. In Germania, data la grande dipendenza dal gas russo, il danno sarebbe ancora peggiore (gli Usa attraverso le sanzioni alla Russia hanno in realtà colpito l'Europa, che è il loro maggior concorrente). I debiti dei governi sono più alti che mai, e il default di un paese europeo come l'Italia minaccerebbe l'intera zona euro. Ci sono investitori che scommettono sul fallimento di alcune grandi aziende, magari per accaparrarsele a prezzi stracciati, mettendo a repentaglio la stabilità del sistema. Guerra, pandemia, siccità, carenza energetica sono fattori di accelerazione della crisi storica del capitale.
Durante la teleriunione di martedì sera, connessi 15 compagni, abbiamo ripreso l'articolo dell'Economist citato la volta precedente, "Dall'inflazione all'insurrezione", che sulla base di un modello matematico, elaborato dalla testata stessa, prevedeva l'intensificarsi delle rivolte per i prossimi dodici mesi.
Nel giro di una settimana l'elenco (parziale) delle proteste riportato nel precedente resoconto si è già allungato. L'ultima in ordine di tempo è lo sciopero indetto dagli addetti alle piattaforme petrolifere e del gas norvegesi del mare del Nord, che potrebbe mettere a rischio circa il 60% delle esportazioni di gas dalla Norvegia con ricadute a livello internazionale. In Olanda, il piano del governo per la riduzione delle emissioni di azoto, che porterà entro il 2030 ad una diminuzione del parco bestiame del 30%, ha provocato le proteste degli allevatori che hanno bloccato le maggiori arterie stradali del paese. In Libia, si intensificano le manifestazioni contro il peggioramento delle condizioni di vita a causa del carovita e delle lunghe interruzioni della fornitura di energia elettrica, aggravate dal blocco di diverse installazioni petrolifere; a Tobruk i manifestanti hanno assaltato l'edificio del Parlamento e hanno compiuto saccheggi. In Ghana, un'inflazione galoppante ha portato all'aumento del prezzo di cibo e carburante; in migliaia hanno protestato nella capitale Acca e si sono verificati scontri con le forze dell'ordine. L'elenco potrebbe continuare e, nonostante non tutti gli episodi di protesta trovino spazio sui media mainstream, oppure vi compaiano in maniera frammentata, rimane il fatto che non vi è area del pianeta in cui la temperatura sociale non stia salendo.
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 18 compagni, è cominciata con il commento di un articolo dell'Avvenire intitolato "La proposta al G20. Una Costituzione della Terra per diffondere pace e giustizia".
Il compagno che ci ha segnalato lo scritto lo indicava, giustamente, quale esempio di riformismo planetario. L'appello per un nuovo costituzionalismo globale vede tra i primi firmatari, oltre a filosofi, giuristi e giornalisti, anche un vescovo; e il fatto che la proposta sia stata rilanciata dall'Avvenire dimostra che dietro c'è anche lo zampino del Vaticano (non a caso nel testo si trova un riferimento all'ecologismo integrale di papa Francesco). La Chiesa vuole uscire dall'ambito strettamente religioso per dare vita a processi egemonici nella società, e lo fa con una proposta di stampo riformista basata su diritti per tutti, giustizia globale, redistribuzione della ricchezza, ecc. Un tentativo globale che si rivelerà, come al solito, un buco nell'acqua perché il Capitale autonomizzato se ne frega di chi lo vuole trasformare in un sistema più etico e morale.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata accennando al recente sciopero alla General Motors negli Stati Uniti.
Il blocco della produzione, che non avveniva da una decina d'anni, ha coinvolto circa 50 mila addetti in decine di stabilimenti. I lavoratori hanno organizzato picchetti davanti agli impianti chiedendo forti aumenti salariali, soprattutto per i più giovani. Negli ultimi anni il movimento americano per l'aumento del salario (#Fightfor15) è cresciuto, soprattutto nei settori dei servizi, della ristorazione veloce e nel pubblico.
Sul versante europeo il settore ha visto la presentazione da parte di Volkswagen della nuova autovettura elettrica ID.3; il colosso automobilistico ha dichiarato di esser pronto a produrre fino al 2025 circa 16 milioni di esemplari. Il gruppo BMW, invece, ha in preparazione un piano di esuberi che riguarderà qualche migliaio di operai a causa di riconversioni e ristrutturazioni degli impianti.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sulla mobilitazione in corso in Francia contro la riforma del lavoro.
Lo scorso 31 marzo i sindacati francesi e le associazioni studentesche hanno organizzato uno sciopero generale contro la contestata Loi Travail, la riforma presentata dal ministro del lavoro El Khomri e ispirata al Jobs Act italiano. La mobilitazione ha coinvolto molte città francesi registrando anche momenti di tensione con la polizia, soprattutto da parte della componente giovanile. A tal proposito, è stato ricordato il quaderno Rompere con il capitalismo. Le basi materiali della cosiddetta questione giovanile.
A Parigi, a manifestazione conclusa, diverse centinaia di giovani hanno occupato Place de la République, rispondendo all'appello del collettivo Convergence des luttes per una "Nuit Debout", una "notte in piedi". Dopo ripetuti sgomberi, l'occupazione della piazza va avanti ancora; sono state allestite una mensa e un'infermeria, mentre l'assemblea generale gestisce le attività e i collegamenti con le altre città (Lille, Avignone, Toulose, Rennes, ecc.). Il tutto è reso possibile dai social network, specie Twitter e Facebook che sono le vere piattaforme di coordinamento.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 18 compagni, è iniziata con un breve report sulle lotte nel comparto della logistica.
All'interporto di Bologna, dove lo sciopero prosegue da giorni, hanno portato solidarietà ai lavoratori in lotta anche facchini di altre città. Le mediazioni con l'azienda sono saltate e lo sciopero si è trasformato velocemente in una battaglia a tutto campo con l'intervento di forze di polizia, crumiri e confederali. Quest'ultimi hanno denunciato apertamente i picchetti schierandosi di fatto dalla parte del padronato. La lotta alla Yoox di Bologna è da seguire perché potrebbe segnare il passo mettendo a dura prova il sindacatino che gestisce la vertenza.
Si è poi passati a commentare le news sulla guerra in Siria. La Russia ha disposto l'invio di alcune centinaia di uomini e di aerei da guerra nelle basi di Latakia e Tartus. I francesi hanno iniziato a bombardare le postazioni dell'IS, mentre gli italiani, al solito, sono più cauti. Nel teatro siriano gli interessi regionali in ballo sono molteplici: a quelli di Iran, Arabia Saudita, Qatar e Turchia si sommano quelli di Russia, Cina e Usa. Lo stesso groviglio di interessi si può osservare nel conflitto in corso in Yemen, dove l'Arabia Saudita, supportata da altri Paesi arabi, è in guerra contro gli Houthi sciiti sostenuti dall'Iran. Paese schierato con Cina e Russia nel supportare il governo di Assad e a cui gli Usa fanno grosse concessioni (altro che nemico!).
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 16 compagni, è iniziata commentando le news sul "Black Monday" cinese e mondiale.
Possiamo pensare alla Borsa valori come ad un termometro che rileva in superficie quanto avviene nel profondo dell'economia, nella produzione di valore. Le motivazioni del crollo di Shanghai, subito riverberatosi nelle maggiori piazze finanziarie del mondo, vanno ricercate nell'incapacità della Cina di mantenere determinati livelli di esportazione delle merci. Indicativa la concatenazione degli eventi: prima le tre svalutazioni competitive, poi il crollo in borsa; il panico nei mercati spinge Pechino ad intervenire per tamponare la situazione: il governo cinese autorizza i fondi pensione ad investire fino al 30% del loro capitale, abbassa i tassi di interesse e opera una sorta di "quantitative easing". Circa 60 milioni di cinesi hanno investito in paccottiglia finanziaria: pochi rispetto alla popolazione totale (1,3 miliardi), ma tanti per un paese che non conosce da molto l'azionariato popolare.
Nei mercati internazionali circola capitale fittizio che non può dare guadagni a tutti; allo stesso tempo gli Stati adoperano le immense quantità di denaro per finanziare debiti che non possono crescere all'infinito. In sostanza, il capitalismo non reagisce più alle sue crisi: troppa immissione di moneta causa assuefazione, l'organismo smette di sentire gli effetti della droga, e va in overdose.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi nove compagni, è iniziata con l'elenco di vari articoli reperiti sul Web. Alcuni sono stati commentati collettivamente, altri sono stati semplicemente segnalati:
- The Future of Robot Labor Is the Future of Capitalism pubblicato sul sito Vice. Continuano a diffondersi in ambienti lontani dal "marxismo" tentativi di descrizione di un futuro slegato dal capitalismo, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza epistemologica.
- Limits to Growth was right. New research shows we're nearing collapse, The Guardian.
- Bad news: Wages are down for pretty much everyone, Washington Post, sulla diminuzione dei salari negli Stati Uniti.
- The Ultimate Financial Security: 18 steps You Can Take to Prepare Yourself for the Next Economic Meltdown, Wealth Daily: come prepararsi alla catastrofe economica prossima ventura.
- Usa con l'Iran e Turchia con i curdi quelle strane alleanze contro il Califfo, Federico Rampini sulle "innaturali" alleanze per limitare il marasma sociale in Medio Oriente.
- "Il concetto di ordine mondiale che ha governato sinora i rapporti internazionali è entrato in una crisi irreversibile": Henry Kissinger parla al Corriere della Sera della crisi che attraversa il modello Occidentale e non.
- Né con l'Ucraina né con la Russia! Ampliamo il nostro fronte, quella della rivoluzione sociale. L'articolo è preso e tradotto in italiano dal blog del gruppo Tridni Valka.
Durante la teleconferenza di martedì sera, presenti 17 compagni, abbiamo ripreso i temi affrontati negli articoli Le prerogative di Dio (la discussione sulle biotecnologie) e Il crogiuolo bio(tecno)logico. Il 24 maggio scorso, per il terzo anno consecutivo, una grande mobilitazione ha fatto il giro del mondo coinvolgendo milioni di persone in 50 paesi diversi. Il motivo: la lotta contro la produzione e l'utilizzo di organismi geneticamente modificati (Ogm) e in particolare contro la più grande e influente multinazionale del settore, la Monsanto. Il manifesto prodotto dal movimento è una sintesi di come "non" si dovrebbe trattare l'argomento.
Non è possibile ritornare ad una vita sana in questa società e gli ecologisti dovrebbero metterselo in testa una volta per tutte. E soprattutto non è corretto partire dagli epifenomeni prodotti dal sistema per tentare di risolvere i problemi.
L'attuale modo di produzione, per sua natura finalizzato alla realizzazione di profitto, non può avere una conoscenza e tantomeno una gestione globali dei fenomeni che innesca (compresi quelli sociali). Per questi motivi sarebbe semplicistico attribuire la responsabilità dei disastri sociali e ambientali solo a qualche azienda o a qualche stato, senza vedere che il problema sta a monte e cioè nel sistema generale che governa la Monsanto e simili. E soprattutto non bisogna dimenticare che l'uomo e il sistema che egli s'è dato per vivere non sono altro dalla natura: l'umanità, compresa la società capitalistica con le sue biotecnologie, è un prodotto della natura, come lo sono i vulcani, i terremoti e le alluvioni; la biologia genetica nasce dall'industria moderna come i robot e le reti telematiche. Le biotecnologie nascono dal rapporto uomo-terra: la teoria della rendita ci dice che essa è plusvalore, quindi il maggior profitto dei laboratori verrà dall'applicazione del capitale al suolo; la teoria della rivoluzione ci dice che il vincolo del valore sarà spezzato solo con la scomparsa del capitalismo, quando i laboratori di ricerca potranno studiare il grande sistema della natura e la catena del DNA liberi dall'anarchia capitalistica, dalle finalità e dal tipo di conoscenza imposti dall'ideologia dominante.
Durante la consueta teleconferenza del martedì, a cui hanno partecipato 10 compagni, si sono commentate le notizie in merito al viaggio del Papa in Brasile. All'arrivo della carovana pontificia, la macchina organizzativa ha presentato vistose falle nella sicurezza, tali da permettere alla popolazione di avvicinarsi notevolmente fino a bloccare il corteo di macchine. Anche fuori dal palazzo del governo di Rio, dove Bergoglio ha incontrato il presidente Roussef, non sono mancati momenti di tensione; la manifestazione di protesta è stata infatti caratterizzata da violenti scontri tra dimostranti e polizia, con lancio di oggetti e, in risposta a questi, di lacrimogeni.
Circa un mese fa, quando in Brasile sono scoppiati i primi scontri, le motivazioni della protesta nascevano dallo sperpero di denaro "pubblico" per l'organizzazione della Confederation Cup 2013; adesso le rivolte sono legate alla spesa esagerata, 40 milioni di euro, per ospitare il Papa. Non male per un viaggio organizzato con l'obiettivo di mettere la Chiesa in sintonia con i poveri del mondo!
Mi sembra molto produttivo che anche occasioni "informali" come la mia visita presso di voi, uniscano in modo spontaneo il lavoro e la convivialità. È una dimostrazione che quando c'è sintonia e lavoro comune verso il futuro certi formalismi politici scompaiono, e ci si può veramente porre al di fuori della mefitica quotidianità (almeno per qualche giorno) e sentirsi comunità.
Ho riletto la "Lettera ai compagni" Demoni pericolosi e ho trovato spunti interessanti per il lavoro sulla negazione della legge del valore. Una parte mi ha colpito particolarmente, penso potrebbe essere spunto per una futura discussione, e per un lavoro ulteriore di approfondimento: "Ciò che varia è l'intero assetto sociale che sta intorno alla produzione di merci, mentre una parte sempre più cospicua delle merci si stacca dal lavoro fisiologico, viene prodotta una volta e moltiplicata all'infinito senza più l'intervento fisiologico dell'uomo."
Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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