La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dall'intervento di Lucio Caracciolo al festival di Limes a Genova 2024 ("Dall'impero americano al caos").
Le determinazioni materiali spingono gli analisti di politica ed economia internazionale ad affermazioni forti. Caracciolo sostiene che le guerre in corso riguardano la transizione egemonica, ma che nei fatti non c'è nessun nuovo candidato alla guida di un mondo post-USA, e prevede una fase più o meno lunga di caos. Va ricordato che, almeno dagli anni Settanta, si è scoperto che non esiste il caos fine a sé stesso. Gli studi sui sistemi dinamici e la complessità ci indicano l'esistenza di un caos deterministico, nel quale vi sono attrattori strani che rappresentano un nuovo tipo di ordine. Il caos non è dunque il punto di arrivo, ma rappresenta la transizione ad una nuova forma sociale. I teorici dell'autorganizzazione, ad esempio Stuart Kauffman, descrivono il margine del caos come quella "terra di confine" che rende possibili nuove configurazioni.
Nella rivista monografica "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" abbiamo descritto la guerra, apertasi dopo il crollo del blocco sovietico, il miglior nemico degli USA. Quel mondo bipolare aveva trovato un equilibrio fondato sulla deterrenza nucleare ("Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio"), che oggi è venuto meno anche dal punto di vista demografico: gli americani sono circa 300 milioni mentre il resto del mondo conta oltre 7 miliardi e mezzo di abitanti. E poi, di questi 300 milioni, la maggioranza non fa parte del sistema dell'1%: lo testimoniano l'ultima ondata di scioperi e il fatto che l'esercito abbia problemi con l'arruolamento. Si sono affacciate sul mondo nuove grandi potenze, in primis la Cina, che già solo per il fatto di esistere e crescere, economicamente e militarmente, mettono in discussione il primato degli Stati Uniti.
La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi della guerra in corso.
Il bombardamento ad opera di Israele di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco ha provocato una decina di morti, tra cui un importante generale iraniano e altri sei membri dei pasdaran, le Guardie rivoluzionarie dell'Iran. Colpire un'ambasciata equivale ad un attacco diretto al paese che essa rappresenta. Per adesso le potenze imperialiste non si combattono direttamente, ma per procura. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, l'Iran utilizza Hamas e il Jihad islamico palestinese, ma anche Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. L'attacco di Israele a Damasco ha alzato la tensione, accrescendo la possibilità del passaggio da una proxy war allo scontro diretto. L'Iran ha annunciato che risponderà nei tempi e nei modi che riterrà opportuni per vendicare l'uccisione dei propri militari.
In Medioriente, la situazione sta evolvendo in una direzione opposta a quella dell'ordine. Israele deve gestire anche il fronte interno: oltre 100mila persone sono scese per le strade del paese dando luogo a quelle che sono state definite le più grandi manifestazioni antigovernative dal 7 ottobre. Le mobilitazioni più partecipate sono state a Tel Aviv, Haifa, e a Gerusalemme davanti alla sede del parlamento israeliano.
La teleriunione di martedì sera, connessi 18 compagni, è iniziata con il commento del filo del tempo "Superuomo, ammosciati!" (1953).
Nel testo si critica la base su cui si fonda l'ordine sociale borghese ovvero l'Individuo, quell'Io presunto motore della storia umana. Personaggi storici d'eccezione, come Giulio Cesare e Napoleone Bonaparte, hanno catalizzato molta più attenzione rispetto a quella che meritavano le falangi romane o, nel caso della Rivoluzione francese, gli anonimi combattenti del "popolo". Da materialisti rifiutiamo il culto dei grandi uomini, dei cosiddetti "fuori classe":
"Come lo Stato, anche questa 'forma' del capo, ha una base materiale e manifesta l'azione di forze fisiche, ma noi neghiamo che abbia funzione assoluta ed eterna: stabilimmo che è un prodotto storico, che in un dato periodo manca; nacque sotto date condizioni, e sotto date altre scomparirà."
L'origine e la funzione del "battilocchio" sono da individuare in un preciso contesto storico, in un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive. Esso si afferma in seguito alla nascita della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (Engels). Al pari dello Stato, anche l'Io di eccezione dovrà estinguersi o, come afferma Lenin, assopirsi. L'Individuo, esaltato dall'attuale forma sociale, è massificato e influenzato dal consumismo come non mai.
La teleconferenza di martedì 14 febbraio, presenti 18 compagni, è iniziata riprendendo quanto avevamo detto la volta scorsa in merito all'intelligenza artificiale ed in particolar modo ai test condotti con ChatGPT.
ChatGPT (Chat Generative Pre-trained Transformer), salito recentemente all'onore delle cronache, è un prototipo di chatbot basato su intelligenza artificiale sviluppato da OpenAI, un'organizzazione "senza fini di lucro" finalizzata alla ricerca sul campo che vede tra i fondatori Elon Musk e Sam Altman. Il programma, addestrato su un ampio insieme di dati pubblicamente disponibile e perfezionato manualmente da addestratori umani, riesce a rispondere a svariate domande, apprendendo ulterioriormente dalle stesse interazioni con gli utenti. Federico Rampini, nella sua ultima newsletter, afferma che il test condotto con l'applicazione è stato positivo, in quanto l'intelligenza artificiale avrebbe soddisfatto le sue aspettative generando un breve saggio secondo le indicazioni fornite : "ChatGPT sforna frasi a un ritmo folle. Il mio testo sarebbe migliore del suo, ma anziché cinque minuti ci metterei cinque ore o forse cinque giorni, calcolando anche il tempo per fare ricerche e scovare materiale originale."
La teleriunione di martedì sera, connessi 16 compagni, è iniziata dalla segnalazione dell'articolo di Federico Rampini "Crisi del gas: per capire le ragioni non bisogna guardare alla guerra in Ucraina ma a Cina e India", pubblicato sul Corriere della Sera lo scorso 22 agosto. Secondo il giornalista, i correnti problemi energetici non sono dovuti esclusivamente alla guerra in Ucraina e alle sanzioni, dato che i prezzi del gas avevano registrato un forte incremento già l'anno prima; l'impennata attuale dipende anche dall'aumento dei consumi in Asia, "in grado di sconvolgere tutti gli equilibri". Siamo al dilemma della coperta corta.
La complessa vicenda dell'energia, delle materie prime e del cibo è quasi esclusivamente legata, nel capitalismo moderno, alla possibilità di fornire alla rendita quote crescenti di plusvalore. Se una merce scarseggia, crescono il suo prezzo e con esso i movimenti speculativi. Milioni di persone si trovano di fronte a un bivio, comprarsi da mangiare o pagare le bollette. E quando c'è scarsità di cibo, tutti gli esseri viventi cominciano ad agitarsi, dissipando ulteriore energia.
Pandemia, guerra, crisi economiche, disoccupazione, siccità: ci sono tutti gli ingredienti per il verificarsi di uno shock sistemico.
La teleriunione di martedì sera, connessi 15 compagni, è cominciata con una richiesta di chiarimento rispetto a quanto abbiamo scritto nell'ultimo resoconto, ovvero che gli Usa "sono anche colonizzatori di sé stessi, agendo come alieni verso le popolazioni occupate e pure verso la propria".
Il riferimento al moderno colonialismo a stelle e strisce, emerso durante lo scorso incontro on line, si richiamava al nostro articolo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (capitolo V. L'invasione degli ultracorpi), nel quale affermiamo che anche alcune frange borghesi comprendono che per milioni di americani il loro stesso Stato è un alieno, un qualcosa che non fa parte del paese. Si pensi, ad esempio, alla trilogia dell'impero di Gore Vidal (La fine della libertà, Le menzogne dell'impero, Democrazia tradita).
La riunione è proseguita riprendendo la discussione sulla guerra in Ucraina e le sue conseguenze.
Durante la teleconferenza di martedì sera, connessi 20 compagni, abbiamo discusso di quanto sta accadendo in Ucraina.
Un compagno ha segnalato un video su Youtube nel quale viene proposta un'analisi di natura sia tecnica che strategica dei gasdotti sottomarini che dalla Russia, attraverso il Mar Baltico, pompano gas in Germania, in relazione al fatto che gli Stati Uniti non vedono favorevolmente un avvicinamento tra Berlino e Mosca.
Subito dopo il riconoscimento da parte della Russia degli stati separatisti del Donbass (Lugansk e Doneck), il neocancelliere tedesco Scholz ha dovuto annunciare lo stop al progetto del gasdotto Nord Stream 2. Nel discorso alla nazione Putin ha affermato che "l'Ucraina non è un Paese confinante, ma parte integrante della nostra storia, cultura, spazio spirituale". E ha aggiunto: "Sono nostri compagni, spesso gli ucraini stessi si considerano parte della Russia, siamo uniti da sempre".
Il generale Von Klausewitz diceva che "la guerra è un atto di forza per costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà". Ovviamente, non viene precisato come si debba concretizzare l'atto di forza, ma soltanto che la forza è il mezzo e la sottomissione dell'avversario è lo scopo. Nel testo della nostra corrente "Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe" (1946-48) si afferma che non c'è bisogno di veder scorrere il sangue perché ci sia violenza, poiché essa nella maggior parte dei casi raggiunge il suo scopo rimanendo allo stato potenziale.
Durante la teleriunione di martedì 15 febbraio, a cui si sono collegati 18 compagni, abbiamo parlato di "marasma sociale e guerra", come titola un articolo della nostra rivista (n. 29).
In Canada non si fermano le manifestazioni dei camionisti "no vax" che nei giorni scorsi hanno bloccato l'Ambassador Bridge, il più importante valico di frontiera con gli Usa, e assediato il parlamento di Ottawa. Il premier canadese Justin Trudeau ha invocato l'Emergencies Act, lo stato di emergenza pubblica nazionale (mai utilizzato prima in Canada), che gli concede più poteri in tema di ordine pubblico. La protesta, anche grazie al tam-tam su Facebook e Telegram, si è presto estesa ad altri paesi (Usa, Australia, Nuova Zelanda, Francia, Austria e Belgio), e ha causato blocchi del traffico e concentramenti in varie capitali, raccogliendo il sostegno dell'estrema destra, del variegato mondo "no green pass" e di Donald Trump. L'hashtag #FreedomConvoy è presto diventato globale.
Il primo numero del 2022 della rivista mensile Limes s'intitola "L'altro virus" e nel suo sommario riporta: "Due anni di epidemia di Covid-19 lasciano un segno che non è e non può essere solo medico. I morti restano l'effetto più tragico e tangibile del virus, ma non sono l'unico. C'è l'impatto economico. C'è lo sconvolgimento delle abitudini individuali, più o meno limitate nel loro libero esercizio dalle misure d'igiene collettiva. C'è un effetto psicologico ancora non pienamente emerso, ma le cui ricadute geopolitiche cominciano a palesarsi."
I borghesi più lucidi, più legati ai fatti e meno alle ideologie, si rendono conto che i processi di disintegrazione politica e sociale aumentano e si intensificano, così come abbiamo scritto in apertura dell'ultima newsletter (n. 245, 19 gennaio 2022): "Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale."
La teleconferenza di martedì sera, presenti 20 compagni, è iniziata con alcune considerazioni circa l'evoluzione e le conseguenze della pandemia da Covid-19. Ogni giorno i mezzi di comunicazione ci aggiornano sulle novità, dalle varianti del virus all'eventuale cambio di colore delle regioni, dall'incremento dei posti letto nelle terapie intensive al numero di decessi. Siamo informati sui dettagli, manca però un inquadramento generale della questione e, ovviamente, non lo possiamo aspettare dalla stampa ufficiale.
L'ultimo allarme riguarda il dilagare della variante Omicron, molto più contagiosa delle altre e che tra non molto potrebbe diventare dominante in Europa e oltre. Su giornali e televisioni assistiamo a picchi di preoccupazione intervallati da altri di irragionevole abbassamento della guardia. In realtà, da due anni a questa parte siamo in piena emergenza sanitaria. "Ci si può rialzare dopo il primo pugno, ma è difficile farlo dopo il secondo e dopo il terzo. I sistemi sanitari sono più deboli di un anno fa". Lo ha detto il capo per le emergenze dell'OMS, Mike Ryan. "Gli operatori sanitari sono esausti", ha aggiunto.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, è iniziata commentando alcune notizie sulla crisi energetica mondiale in atto.
Il rincaro del prezzo delle materie prime è un fatto storico legato allo sviluppo del capitalismo, che consuma sempre più energia man mano che invecchia. Se è vero che l'energia consumata per la produzione di ogni singolo prodotto è calante, è altresì vero che la massa delle merci prodotte è in continua crescita. Nel 2012, nel numero speciale sull'energia (rivista n. 31), riguardo l'andamento della produzione di combustibili fossili scrivevamo:
"A partire dal 2020, la produzione complessiva di energia ricavabile da fonti fossili è destinata a contrarsi con una certa rapidità. Considerando la crescente necessità di energia dovuta al tumultuoso sviluppo del capitalismo nei paesi emergenti, è chiaro che tale andamento pone una sfida enorme alla perpetuazione dell'attuale paradigma economico."
La teleconferenza di martedì sera, connessi 16 compagni, è iniziata prendendo spunto da quanto scritto da Maurizio Ferraris nel suo ultimo libro Documanità. Filosofia del mondo nuovo (ed. Laterza, 2021), recensito dal quotidiano Il Foglio nell'articolo intitolato "Il comunismo si sta realizzando" (16.09.21).
Lo studioso torinese, che abbiamo citato nell'articolo "Marx 1818-2018" (rivista n. 44) e a cui abbiamo dedicato un trafiletto nella newsletter n. 202, è professore ordinario di filosofia teoretica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino, e fa parte della corrente di pensiero denominata il nuovo realismo. In Documanità afferma che il comunismo non è morto come ritiene la maggior parte delle persone, ma al contrario esso è più vivo che mai. Ciò è sostenuto nel capitoletto "Il comunismo realizzato":
"Se il comunismo è la realizzazione del principio «da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni», siamo nelle condizioni migliori per attuarlo; e per paradossale che possa apparire proprio la seconda parte dell'auspicio, quella più tradizionalmente difficile da realizzare, risulta ora, se non a portata di mano, almeno in linea di principio raggiungibile. Il mancato riconoscimento di questa circostanza costituisce oggi la più grave paralisi delle coscienze e delle idee che il nostro tempo abbia conosciuto, dunque anche il più grave inciampo alla comprensione e alla trasformazione del presente. Per farlo bisogna abbandonare, guardando alla realtà effettuale, la convinzione, infondata, che il comunismo sia morto, mentre è evoluto, facendo sì che la nostra sia l'epoca più vicina al comunismo realizzato di ogni precedente età del mondo: più che nelle rivolte di Thomas Müntzer, nei programmi di Lenin, nella Grande Guerra patriottica, nelle istituzioni del Patto di Varsavia."
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, abbiamo ripreso il tema "macchine, intelligenza artificiale e general intellect".
Nel capitolo XIII del I Libro de Il Capitale (ed. Utet), intitolato "Macchine e grande industria", Marx afferma che nel capitalismo le macchine vengono introdotte non per alleviare la fatica umana, bensì per ridurre il prezzo delle merci ed abbreviare la parte di giornata lavorativa che l'operaio impiega per riprodurre sé stesso.
Nel corso del capitalismo, partendo dalla base manifatturiera, prima vengono costruite attrezzature che hanno come forze propulsive il vento, l'acqua, i cavalli (difficili da utilizzare nelle fabbriche) e gli stessi uomini; poi, con l'avvento della rivoluzione industriale, all'operaio collettivo viene assegnato il compito di sorvegliare il processo produttivo, mentre la macchina finisce per funzionare da sé, in autonomia:
"Solo dopo che gli strumenti erano stati trasformati da strumenti dell'organismo umano in strumenti di un apparecchio meccanico, della macchina utensile, anche il motore assunse una forma autonoma, completamente emancipata dai limiti della forza umana."
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 16 compagni, ha preso le mosse dalla lettura di un passaggio dall'articolo "Nel 1972 è stato previsto il collasso della società nel 2040", pubblicato sul sito italiano della rivista Vice:
"Nel 1972, un gruppo di scienziati del MIT ha studiato i rischi relativi all'eventuale collasso della civiltà. Il loro modello di dinamica dei sistemi, pubblicato dal Club di Roma, ha identificato i 'limiti dello sviluppo' che porterebbero la nostra civiltà industriale sulla strada verso il collasso proprio nel ventunesimo secolo, a causa dello sfruttamento incontrollato delle risorse planetarie".
Il collasso sistemico è in atto e le prove sono sotto gli occhi di tutti. Lo scorso 31 luglio l'Economist ha pubblicato una rassegna di tutte le manifestazioni e i tumulti scoppiati sul pianeta negli ultimi due anni ("The pandemic has exacerbated existing political discontent"). Già prima della pandemia, a partire almeno dal 2011, gli episodi di rivolta si contavano nell'ordine delle migliaia (vedi i nostri articoli "Marasma sociale e guerra" e "Occupy the World togheter"). Secondo l'Institute for Economics and Peace (IEP), un think tank di Sydney, tra il 2011 e il 2019 i grandi movimenti di protesta sono cresciuti di 2,5 volte; nel 2020 i disordini civili sono aumentati del 10% e le manifestazioni generalizzate hanno coinvolto 158 paesi. Le epidemie hanno conseguenze sociali, sottolinea nell'articolo il settimanale inglese citando il FMI: dal momento in cui erompono allo sviluppo di disordini sociali di massa passano solitamente 12-14 mesi. L'ultimo caso in ordine di tempo è quello di Cuba, paese che nel tempo ha sviluppato un'ampia rete di intelligence in grado di schiacciare possibili rivolte e movimenti anti-governativi, ma che ora, in seguito al malessere e al disagio causati dal peggioramento della condizione sanitaria ed economica, si ritrova incapace di arginare quanto accade nella società (l'11 luglio scorso migliaia di persone hanno marciato in più di 50 località al grido di "libertà").
La teleconferenza di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando le recenti manifestazioni contro il green pass.
In circa 80 città italiane sono scesi in strada mezze classi, bottegai e piccoli commercianti, quelle categorie che si sentono con le spalle al muro in quanto devono tutto il loro reddito alla possibilità di commerciare. Le manifestazioni hanno visto qualche migliaio di partecipanti soprattutto a Milano, Roma e Torino, ma manifestazioni analoghe ci sono state negli ultimi mesi anche a Londra e Parigi. Gli slogan sui cartelli andavano dal "contro il passaporto schiavitù", al "contro la dittatura instaurata". Siamo alla libertà del cinghiale di cui parla Marx, quella per cui ognuno può essere libero di correre nella foresta, mentre per noi la libertà è il superamento del regno della necessità, la prerogativa di una specie in grado di progettare la propria vita in armonia con il resto della natura. Dagli incendi ai disastri più o meno naturali, dalla crisi economica ai contrasti sociali, la borghesia ha qualche problema di vitalità ma riesce comunque a dettare legge attraverso i suoi canali e a far digerire la lotta contro il passaporto vaccinale, utile ad andare sui treni e nei luoghi affollati. Si rivendica una generica libertà che non è nemmeno all'altezza della libertà della grande borghesia (Liberté, Égalité, Fraternité), una volta, rivoluzionaria.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 16 compagni, è iniziata partendo da alcune domande che ci sono state poste recentemente.
Nella scorsa teleconferenza, un compagno aveva chiesto se ha ancora senso parlare di "ripresa della lotta di classe" e, durante l'ultimo incontro redazionale (19-20 giugno), a proposito della relazione sui modelli "riduzionistici" della realtà, è stato chiesto "come si realizza la politica nel wargame e come si gestisce la discrezionalità."
Prima di tutto bisogna chiarire che la lotta di classe non cessa mai finché esistono le classi: proprio per questo non è corretto parlare di una sua "ripresa". Semmai è da augurarsi che emerga dal magma di contraddizioni capitalistiche una forza organizzata completamente diversa rispetto al passato, che vada oltre il piano tradeunionistico e sappia fare proprio il programma del comunismo.
Abbiamo scritto diversi articoli intorno alla dottrina dei modi di produzione: "Struttura frattale delle rivoluzioni", "La prima grande rivoluzione", "Modo di produzione asiatico? Stabilità strutturale e morfogenesi nelle forme sociali di transizione", "Poscritto al Grande Ponte", e per ultimo "Contributo per una teoria comunista dello Stato". Riteniamo che il passaggio dalle società comunistiche originarie alle società di classe sia un'immagine speculare della transizione futura.
Durante la teleriunione di martedì sera, connessi 20 compagni, abbiamo ripreso il tema affrontato la volta scorsa, ovvero le strategie messe in atto dalla Chiesa per affrontare la grande transizione in corso.
Ci sono delle novità: abbiamo scoperto che il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha lanciato la Piattaforma di Iniziative Laudato si' , un percorso all'insegna dell'ecologia integrale e con l'obiettivo di costruire "un movimento popolare, dal basso, per la cura della casa comune". In Rete si possono già trovare molti siti (i francescani hanno lanciato Laudato Si Revolution) che fanno riferimento al progetto. La Piattaforma è stata inaugurata al termine della Settimana Laudato Si', che si è svolta dal 16 al 25 maggio scorso, mentre le iniziative vere e proprie cominceranno il prossimo ottobre e, ispirandosi al tema biblico del Giubileo, dureranno per un periodo di sette anni.
In occasione del lancio della Piattaforma di Iniziative, Papa Francesco ha registrato un video messaggio, di cui riportiamo una parte:
Durante la teleriunione di martedì sera, presenti 22 compagni, abbiamo commentato la newsletter numero 243, uscita lo scorso 7 maggio, ed in particolare il trafiletto "Grazie, stato".
In un documento del SI Cobas dell'11 febbraio 2021, la prefettura di Piacenza viene ringraziata per la disponibilità dimostrata durante lo svolgimento della vertenza Tnt/FedEx: "[... Teniamo] a trarre un bilancio da sottoporre alla città di Piacenza al termine della dura vertenza FedEx-Tnt [...]. Prima di tutto, vogliamo ringraziare pubblicamente la Prefettura di Piacenza, segnatamente nelle persone della prefetta Dott.ssa Daniela Lupo e della capa di gabinetto Dott.ssa Patrizia Savarese, per la grande disponibilità e comprensione dimostrate durante tutto l'arco dello svolgimento della vertenza. Sappiamo che mediare nei conflitti di lavoro non rientra nelle prerogative ordinarie della prefettura, e per questo a maggior ragione ribadiamo il nostro ringraziamento [...] Piacenza è un territorio attraversato ormai da dieci anni da forti mobilitazioni degli operai della logistica, non possiamo che registrare con favore il crescente interesse e la crescente cura, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli, verso questo ampio segmento di popolazione e di lavoratori piacentini [...]"
In seguito, per contrastare la chiusura dell'hub della multinazionale della logistica che rischia di lasciare sul lastrico 300 lavoratori, i sindacalisti di base hanno chiesto l'apertura di un tavolo interministeriale in sede istituzionale tra azienda e organizzazioni sindacali.
Durante la teleconferenza di martedì sera, presenti 27 compagni, abbiamo ripreso la questione del battilocchio, ovvero la funzione della personalità nella storia, commentando alcuni passi dal filo del tempo "Fantasime carlailiane", pubblicato su Il programma comunista n. 9 del 1953, e dalla lettera di Bordiga a Perrone del giugno dello stesso anno.
In "Fantasime carlailiane" viene adoperata una bella metafora per spiegare la differenza tra motori e strumenti delle rivoluzioni:
"Non vediamo dunque sorgere il futuro né da una volontà di tutti (o della malfamata maggioranza) né da quella di uno; in questo senso neghiamo la funzione individuale. L'io generale e quello particolare non sono motori del fatto storico: si capisce che sono gli operatori. Tale distinzione è la stessa che corre tra le macchine: quelle motrici che danno l'energia meccanica, quelle operatrici che agiscono su materiale da trasformare. L'io non è un primo motore, ma un finale utensile."
In una fabbrica servono le macchine operatrici, ma serve in primis l'energia meccanica per farle muovere. Lo stesso discorso vale per i grandi cambiamenti sociali: servono gli uomini per fare la storia, ma senza una polarizzazione che li schieri in classi contrapposte nessuna rivoluzione è possibile.
Durante la teleconferenza di martedì, connessi 23 compagni, abbiamo ripreso quanto detto nell'incontro precedente sulla impossibilità per la borghesia italiana di risollevare la sua decotta economia dalla crisi in cui è precipitata. La discesa in campo dell'ex presidente della BCE, Mario Draghi, e le aspettative riguardo al suo operato suggeriscono la rilettura di alcuni scritti della nostra corrente sul tema del "battilocchio", che a suo tempo abbiamo raccolto nel quaderno Il battilocchio nella storia. Contro la concezione della storia come opera della volontà di individui e di capi geniali o criminali.
L'espediente della mente infinita, di cui si serve P.S. Laplace per introdurre la possibilità della conoscenza esatta del futuro, è utile a sottolineare il fatto che noi comuni mortali dobbiamo basarci, per forza di cose, su induzioni probabilistiche. Esiste un'oggettiva difficoltà della previsione nel campo dei fenomeni complessi; dopo il nobile francese, il problema è stato studiato anche da Poincaré ed altri scienziati, segnando dei punti di passaggio per le successive teorie della relatività, dei quanti, del caos e della complessità. Oggi, alla luce dei risultati raggiunti dalla scienza, alcuni accusano Laplace di "meccanicismo", eppure prima di criticarlo dovrebbero perlomeno aver raggiunto il suo livello teorico, come dice Bordiga riguardo la funzione del dogma nella storia (Struttura economica e sociale della Russia d'oggi, XI, cap. 94-95).
La teleconferenza di martedì sera, presenti 21 compagni, è iniziata commentando alcuni articoli pubblicati in occasione del centenario della nascita del Partito Comunista d'Italia.
Il sito Jacobinitalia.it ha pubblicato un'intervista a Pietro Basso sull'antologia di scritti in lingua inglese di Amadeo Bordiga di cui egli è stato curatore (The Science and Passion of Communism. Selected Writings of Amadeo Bordiga (1912-1965)). Lo studioso riconosce al rivoluzionario napoletano grandi meriti ma gli rimprovera di aver negato, con il suo anti-democratismo, la "necessaria battaglia per la difesa dei diritti democratici delle classi lavoratrici". Dimentica, evidentemente, che per i comunisti la lotta di classe non è questione di diritti bensì di forza.
Nell'articolo "Amadeo Bordiga - Ascesa e caduta di un rivoluzionario", comparso recentemente su Marxismo.net, si legge: "Contribuisce a rendere quella di Bordiga una concezione politica sui generis anche la sua natura non sistematica. Egli espresse il suo pensiero in interventi puntuali e sparsi, rifiutandosi di dargli una veste organica: la sua produzione è composta da pochi lavori d'insieme e un numero incalcolabile di articoli, note, documenti, sempre legati alla battaglia contingente, utili agli obiettivi del momento. Questo modo di operare è senz'altro uno dei motivi che ne hanno decretato il sostanziale oblio nella tradizione comunista."
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 24 compagni, abbiamo approfondito alcuni passaggi dell'articolo "Contributo per una teoria comunista dello Stato", pubblicato sul numero 48 della rivista.
In merito all'estinzione dello Stato, in Critica al programma di Gotha (1875), Marx afferma: "Si può parlare di uno Stato odierno, in contrapposto al futuro, in cui la presente radice dello Stato, la società borghese, sarà perita. Quale trasformazione subirà lo Stato in una società comunista? In altri termini: quali funzioni sociali persisteranno ivi ancora, che siano analoghe alle odierne funzioni dello Stato? A questa questione si può rispondere solo scientificamente."
Marx, Engels e Lenin hanno vissuto in un mondo in transizione, in cui il capitalismo poteva trovare nuovi spazi da conquistare e non aveva ancora esaurito tutte le sue potenzialità storiche. Nella letteratura marxista lo Stato non è altro che uno strumento della dominazione di classe, eppure esso, prima di diventare tale, era qualcos'altro, e cioè un organismo di amministrazione delle derrate alimentari capace di organizzare e gestire l'ammasso e la distribuzione di tali prodotti. Quindi ben prima della formazione delle classi, della divisione sociale del lavoro e della distribuzione parcellare del prodotto sociale alle famiglie, vi era un essere sociale che sovrintendeva alle esigenze di specie. Con lo sviluppo dell'amministrazione e la comparsa delle tavolette (cretule), la società cominciò a centralizzarsi incamminandosi verso la forma statale, ma per tutto il tardo neolitico, quello che possiamo definire come proto-Stato, restò prevalentemente un elemento regolatore del meccanismo sociale.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 21 compagni, è iniziata commentando l'articolo "L'epidemia delle mezze verità: 4 obiettivi chiari meglio dei parametri", che è stato pubblicato sul Sole 24 Ore il 18 novembre scorso e che si conclude così:
"A farci perdere la bussola sono stati un'estate vissuta al grido di 'è tutto finito', e un periodo di ripresa tra settembre e ottobre condotto con ulteriori allentamenti invece che usando le giuste cautele per limitare l'impatto di una maggiore frequentazione delle persone."
Insomma, secondo il giornale di Confindustria c'è ben poco da stare tranquilli: l'epidemia non è uno scherzo ed è molto difficile da tenere sotto controllo. Inoltre, le interpretazioni semplicistiche e fuorvianti sull'evoluzione del contagio inducono nel grande pubblico un falso senso di distensione e sicurezza. I rappresentanti più lucidi della borghesia si rendono conto che andando avanti con questa (non) gestione del virus si rischia grosso. L'allentamento delle misure di lockdown previsto per i prossimi giorni e motivato dalla diminuzione del numero dei casi causerà sicuramente un nuovo aumento dei soggetti positivi. Una terza ondata, data per certa da Andrea Crisanti e da altri virologi, andrà così a colpire un'economia già in panne: secondo alcune previsioni riportate da Repubblica, a marzo dell'anno prossimo, con lo sblocco dei licenziamenti, in Italia ci saranno un milione di disoccupati in più. Per far fronte a questo tsunami sarebbe necessaria al sistema-paese una riforma complessiva del Welfare per semplificare e accorpare le varie forme di sostegno per chi è senza lavoro, ma al momento non c'è nessun programma all'orizzonte.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 23 compagni, è iniziata prendendo spunto da un articolo di Repubblica intitolato "La seconda ondata Covid frena la richiesta di mutui. Boom di soldi fermi in banca, crollano i consumi a ottobre" (17.11.20). In seguito alle restrizioni ai movimenti individuali e collettivi imposte dal governo, a ottobre i consumi sono drasticamente diminuiti, mentre sono cresciuti i depositi in banca, ovvero i soldi parcheggiati nei conti correnti: "Consumi al palo per servizi ricreativi, alberghi, ristoranti. Sul fronte delle spese, invece, sta accadendo il contrario. Una spia del circolo vizioso tra risparmi e mancati consumi è emersa oggi dall'indicatore congiunturale della Confcommercio, secondo il quale le spese sono scese dell'8,1% rispetto allo stesso mese del 2019 interessando 'in misura più immediata e significativa la filiera del turismo, servizi ricreativi (-73,2%), alberghi (-60%), bar e ristoranti (-38%)'."
Gli effetti economici dei lockdown in corso sono paragonabili a quelli di uno sciopero generale prolungato, motivo per cui i capitalisti grandi e piccoli premono, incuranti della crescita del numero dei contagi e dei morti, perché si riaprano tutte le attività commerciali, soprattutto in prossimità dello shopping natalizio.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 25 compagni, è iniziata commentando gli sviluppi sanitari, economici e politici legati alla pandemia di Covid-19.
Nonostante gli effetti di una pandemia fossero conosciuti e gli strumenti per contrastarla noti, e nonostante l'OMS abbia diffuso ad inizio anno chiare linee guida, i governi, ed in particolare quelli occidentali, hanno agito in maniera del tutto irrazionale, perdendo via via il controllo della situazione. Riesplodono infatti in tutta Europa i contagi negli ospizi dove si contano migliaia di morti, e si riaccendono i focolai tra il personale sanitario che dovrebbe invece essere tutelato al massimo. Il virologo Giorgio Palù ha ammesso che anestesisti e rianimatori sono già costretti a scegliere chi intubare e chi no. Vengono presi provvedimenti contrastanti, su base regionale, localistica, e a Milano, Torino, Napoli, la situazione degli ospedali, anche dal punto di vista dei malati non Covid-19, è prossima al collasso, migliaia di interventi chirurgici vengono rimandati ed i malati cronici faticano ad essere curati.
L'Ordine dei medici chiede da giorni il lockdown nazionale per cercare di salvare il salvabile, ma il governo italiano prende tempo e si muove in maniera contradditoria seminando confusione. Siamo al si salvi chi può, a cominciare dalle categorie economiche che tentano di difendere i propri privilegi a scapito di altri, per passare alle regioni che manipolano i dati per non entrare in zona rossa, fino agli stati che aspettano le mosse dei vicini per prendere decisioni, in quanto un lockdown generale vorrebbe dire frenare l'economia nazionale e perdere quote di mercato. Di fronte ad una pandemia di queste dimensioni, che ha portato ad oltre 1,25 milione di morti e 52 milioni casi di contagio in tutto il mondo, la classe dominante si mostra in balia degli eventi, in preda al vortice della mercantile anarchia.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 18 compagni, è iniziata dal tema della caduta generale del Prodotto Interno Lordo.
L'agenzia di rating Fitch stima per il 2020 un calo del PIL mondiale intorno al 4,4%, mentre per l'Italia è previsto addirittura un -10%, anche a causa di una forte contrazione dei consumi. Un capitalismo che non cresce è, evidentemente, un capitalismo morto; attualmente non ci troviamo semplicemente di fronte alla non crescita (riproduzione semplice), bensì ad una decrescita. Riprendendo i punti del "Programma rivoluzionario immediato" (riunione di Forlì, 1952), possiamo constatare che, complice il Coronavirus, la società sta arrivando a realizzare il punto "a", quello che affronta il disinvestimento dei capitali. La pandemia ha provocato accelerazioni storiche anche dal punto di vista dell'impiego della forza lavoro, per esempio con il diffondersi dello smart working e dell'home working, ma anche con l'eliminazione di traffico inutile, tutti elementi che le aziende vedono di buon occhio dato che vengono messi nella voce "risparmio". I paesi capitalistici sono costretti ad accettare misure che si muovono su una terra di confine tra passato e futuro, in primis il reddito di cittadinanza erogato senza ottenere nulla in cambio.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata con il commento di alcune notizie di carattere finanziario.
Apple "vale" in Borsa circa 2mila miliardi di dollari, quanto il PIL italiano. Insieme a Facebook, Amazon, Microsoft e Google, è giunta a totalizzare il 20% del valore dell'intero indice Standard & Poor's 500, stabilendo un record assoluto. Le cosiddette Big Five valgono ormai oltre 5 mila miliardi di dollari, più dei PIL di Italia e Francia messi insieme. A differenza delle acciaierie del XVIII e XIX secolo, dove migliaia e migliaia di operai lavoravano gomito a gomito, le aziende moderne, e soprattutto quelle che hanno saputo cavalcare la trasformazione digitale dell'economia, hanno pochi dipendenti e fanno profitti muovendo merci virtuali e smaterializzate. Queste corporation hi-tech sono diventate dei centri di attrazione per il capitale fittizio, anonimo e internazionale, accrescendo la loro potenza e arrivando ad influenzare le scelte dei governi. Alcuni economisti lanciano l'allarme evidenziando la pericolosa contraddizione tra la frenetica attività della finanza e l'asfittica situazione in cui versa l'industria ("Parmalat, tentata fuga dalla legge del valore").
Gli stati non hanno alcuna possibilità di invertire la tendenza alla centralizzazione: il capitale domina sulla politica e sui governi, e non viceversa. A fare la differenza è il volume di denaro messo in campo dalle mega-aziende. Negli Usa l'insider trading, ovvero lo sfruttamento di informazioni non di dominio pubblico la cui divulgazione provoca effetti nelle quotazioni di titoli, è punito per legge. Il visionario imprenditore Elon Musk, a capo di un impero economico, è famoso per provocare con i suoi tweet confusione in borsa, in barba alle regole. Le cifre in ballo sono talmente alte che qualsiasi multa della SEC (Securities and Exchange Commission) non preoccupa più di tanto questi colossi aziendali, che continuano a fare il bello e il brutto tempo.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 17 compagni, è iniziata dalla segnalazione di un'intervista dell'ottobre 2010 a Cesare Romiti (riproposta da Repubblica), in cui il dirigente d'azienda, recentemente scomparso, rivendicava di aver normalizzato con la sua azione nel corso del 1980 (vedi marcia dei quarantamila) i sindacati, minacciati dall'infiltrazione di frange estremistiche. L'esito di quel braccio di ferro, che durò 35 giorni, fu la ritrovata "governabilità delle fabbriche", che alla fine piacque anche ai bonzi sindacali.
Il patto corporativo tra capitale e lavoro, che affonda le radici nel Ventennio, è rimasto in piedi fino ai giorni nostri. Il fascismo, dice la nostra corrente, ha perso militarmente la guerra, ma l'ha vinta sul piano politico ed economico. Questo tentativo di auto-regolazione del capitalismo è riuscito a rimandare di decenni lo scoppio della rivoluzione, ma ormai ha fatto il suo tempo, e oltre ci può essere solo il passaggio ad un'altra forma sociale. Anche perché non torneranno più le fabbriche con migliaia di lavoratori inquadrati in sindacati ramificati nella società, non torneranno gli indici di crescita del capitalismo del dopoguerra, non torneranno i partiti stalinisti di massa.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 18 compagni, è iniziata con le notizie riguardo gli ultimi sviluppi della situazione libanese, a cominciare dall'esplosione avvenuta nella zona del porto di Beirut.
Da giorni le piazze del paese mediorientale si riempiono di migliaia di manifestanti che si scontrano violentemente con la polizia e lanciano slogan contro il governo e contro Hezbollah. A Beirut, sabato 8 agosto, sono stati presi d'assalto i ministeri dell'Energia, degli Esteri e dell'Economia, mentre decine di manifestanti sono riusciti ad entrare nella sede dell'Associazione delle Banche del Libano. L'esercito è intervenuto per sgomberare il ministero degli Esteri, dove gli occupanti avevano issato uno striscione con la scritta "Beirut capitale della rivoluzione".
A Chicago, negli Stati Uniti, è stato imposto il coprifuoco e i quartieri del centro, dopo una notte di scontri e saccheggi, sono stati isolati dal resto della città. Da mesi le principali città americane sono in fibrillazione; a Portland gli incendi e gli scontri con le forze dell'ordine continuano tutte le notti da oltre 60 giorni. Anche in Bielorussia, a Minsk, ci sono state decine di manifestazioni, che hanno visto la partecipazione del mondo del lavoro: hanno scioperato i metallurgici, i minatori, i lavoratori dell'azienda del gas e quelli degli zuccherifici. Durante le assemblee si è sentito parlare di "sciopero fino alla vittoria".
La teleconferenza di martedì sera, presenti 19 compagni, è iniziata dalla segnalazione di alcuni articoli sulla situazione economica e sociale.
In Italia cresce il numero di coloro che ricorrono a forme di assistenza per avere di che mangiare; secondo una stima della Coldiretti, sono il 38,4% gli italiani senza "risorse liquide disponibili per spese essenziali come quelle per il cibo o per il riscaldamento". Dalle pagine del New York Times Paul Krugman scrive che la situazione negli Usa è esplosiva, dato che a fine luglio scadrà il contributo di disoccupazione per oltre 20 milioni di lavoratori. I giornalisti non riescono a cogliere la dinamica storica generale, quel processo irreversibile prodotto dalla legge della miseria crescente.
Si è quindi ripreso quanto detto nella riunione di venerdì scorso sul tema della catastrofe. Come si può verificare in alcuni articoli pubblicati su The Economist, la borghesia percepisce l'avvicinarsi di una situazione di non ritorno, ma non può porvi rimedio. Eventi disastrosi si presentano a tutti i livelli: dalla diffusione di pandemie al collasso delle metropoli, dai terremoti (basti ricordare l'energia che si sta accumulando nella faglia di Sant'Andrea o nel sottosuolo del Vesuvio) agli asteroidi. La classe dominante è impotente di fronte al suo stesso sistema e mostra di aver perso la vitalità che l'ha caratterizzata nel suo periodo rivoluzionario: essa subisce quello che succede nella società senza potersi affidare ad alcuna teoria o programma in grado di rovesciare la prassi. Da questo punto di vista, la borghesia non riesce nemmeno a porsi al livello delle società antiche che sono state capaci di sviluppare sistemi atti a tramandare la conoscenza. L'attuale modo di produzione non riesce a dare alcuna risposta significativa, ma oramai può solo porre rimedi locali e comunque legati alle categorie del profitto.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 20 compagni, è iniziata riprendendo il tema dell'estinzione dello stato nel passaggio rivoluzionario tra capitalismo e comunismo.
Un apparato coercitivo che consente ad una parte della società di dominare sull'altra ha senso solo in una società classista, mentre in una post-classista ciò che serve è un organismo di coordinamento atto alla soddisfazione dei bisogni della specie. Lo stato non è neutrale: se le macchine o le armi possono essere usate sia dalla borghesia che dal proletariato, lo stato è uno specifico organo di classe e, nella "nostra" dottrina dei modi di produzione, il futuro di specie è descritto come negazione di tutte le categorie esistenti (stato, classi, valore, ecc.).
Nella prima grande rivoluzione dalle società senza stato a quelle statali, abbiamo visto come alcuni strumenti, che servivano a quantificare il prodotto sociale, hanno dato il via a quel processo che successivamente ha portato alla nascita del denaro. L'organismo predisposto alla produzione e distribuzione del prodotto passa da elemento di contabilità ad elemento di coercizione di una classe su di un'altra. In maniera del tutto speculare, il denaro smaterializzato d'oggi si trasformerà in buoni-lavoro non accumulabili. L'amministrazione di specie abbandonerà il segno di valore astratto e si riapproprierà di una registrazione di movimento empirico.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 23 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo i nuovi focolai di Covid-19.
In Germania, nel Nord-Reno Westfalia, è stato messo in lockdown il distretto di Guetersloh in seguito alla scoperta di centinaia di contagiati tra i dipendenti del mattatoio dell'azienda Tönnies. Nei luoghi in cui si macella la carne le temperature sono sempre molto basse e costituiscono l'ambiente ideale per la proliferazione dei virus. Inoltre, i lavoratori dell'azienda tedesca, per lo più immigrati, lavorano e vivono in condizioni bestiali, ammassati a decine in appartamenti con un solo bagno (Corriere della Sera , 23 giugno 2020, "Coronavirus, in Germania riscatta il lockdown per 560.000 persone dopo il focolaio nel mattatoio Tönnies")
Anche in Portogallo l'aumento del numero dei malati ha portato il governo a chiudere nuovamente la regione di Lisbona, la più piccola ma la più popolosa del Paese, che negli ultimi giorni ha registrato picchi di contagio. La pandemia è tutt'altro che sotto controllo, soprattutto negli Stati Uniti e in America Latina dove i numeri continuano a salire: in Brasile sono stati superati il milione di casi e i morti sono 50mila. Si aggiungono poi le nuove ondate di contagi in Corea del Sud e Cina. A Pechino è stato scoperto un focolaio in un mercato e diversi distretti della capitale sono stati messi in lockdown.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 26 compagni, è iniziata commentando le recenti manifestazioni negli Usa.
L'omicidio di George Floyd da parte della polizia a Minneapolis, filmato in diretta e circolato sui social network, ha dato il via a tumulti in decine di metropoli americane. Evidentemente, l'uccisione dell'afroamericano non basta a spiegare il fatto che da una settimana gli Stati Uniti sono alle prese con saccheggi e disordini, che hanno portato al coprifuoco in diverse città, alla mobilitazione della Guardia Nazionale, e all'ipotesi, ventilata dal presidente Trump, di far intervenire l'esercito. Durante la scorsa teleriunione avevamo parlato delle proteste in Cile e in Ecuador, a distanza di pochi giorni, tocca al gigante a stelle e strisce fare i conti con il marasma sociale (gli arresti dall'inizio dei tumulti sono stati quasi 10.000). A non funzionare più è il capitalismo, e l'accumulo continuo di contraddizioni trova una soluzione di tipo discontinuo. Nei cortei che in questi giorni hanno riempito le strade di Minneapolis, Washington, New York, Los Angeles, Atlanta, Chicago, ecc., non c'erano solo afroamericani, ma anche ispanici e bianchi; sull'onda di queste rivolte sono poi scattate partecipate manifestazioni di solidarietà in Canada, Nuova Zelanda, Germania, Inghilterra, e in molti altri paesi ancora. Il mondo intero è attraversato da un malessere che ha cause ben più profonde di quelle che appaiono sui cartelli dei manifestanti o sui titoli dei giornali. Quello in corso è un fenomeno globale.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 27 compagni, è inziata con il commento della recente presa di posizione della Chiesa di Roma, per bocca del suo rappresentante massimo, riguardo la situazione di emergenza sociale acutizzatasi con la diffusione del Covid-19.
In una missiva indirizzata "ai fratelli e alle sorelle dei movimenti e delle organizzazioni popolari" pubblicata dal quotidiano Avvenire, papa Francesco ha ricordato i "lavoratori dell'economia informale, indipendente o popolare", coloro che non hanno riserve per resistere in questo particolare momento, proponendo "un salario universale che riconosca e dia dignità" al fine che "nessun lavoratore" sia oggi "senza diritti". Di fronte alla crescita della miseria la Chiesa lancia un messaggio forte, in linea con la sua dottrina sociale, quella che prese forma con l'enciclica Rerum Novarum scritta da papa Leone XIII nel 1891 come risposta controrivoluzionaria al divampare della lotta di classe in Europa.
Come dice la nostra corrente nel filo del tempo "Meridionalismo e moralismo", in Italia la Chiesa rappresenta un filone storico del riformismo insieme a quelli socialdemocratico e fascista. Nel giugno del 2017, Papa Francesco, in un'udienza concessa ai delegati della CISL, consigliava ai sindacalisti di essere presenti sul territorio, "nelle periferie esistenziali, tra gli scartati del lavoro", ovvero tra disoccupati, precari ed emarginati. La versatilità dell'istituzione cattolica varia a seconda delle situazioni storiche: nel 1956 in "Sorda ad alti messaggi la civiltà dei quiz", la nostra corrente prendeva in analisi un discorso di papa Pacelli sulla "vita senza senso" in cui il pontefice criticava l'edonismo consumista imperante sia in Usa che in Urss; oggi, invece, l'attuale capo della Chiesa si occupa del mancato consumo da parte di masse sterminate di uomini, e spinge affinché venga concesso il salario ai poveri. Dal boom economico del secondo dopoguerra, quando i salari aumentavano e l'impiego era garantito, siamo giunti nel giro di qualche decennio ad una situazione che è esattamente l'opposto. La Chiesa ha una funzione di salvaguardia, in primis di sé stessa, e poi dello status quo. Se non si muovesse su posizioni "sociali" non avrebbe senso nella società moderna: è un organismo che non può appiattirsi del tutto sull'ideologia capitalistica senza snaturarsi.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 31 compagni, è iniziata commentando alcune news riguardo il calo del consumo di energia elettrica, gas e petrolio, seguìto alla contrazione della produzione industriale mondiale.
Domenica 5 marzo il prezzo dell'energia all'ingrosso ha raggiunto lo zero, e nelle ultime settimane anche quello del petrolio ha subìto una forte diminuzione scendendo sotto i 20 dollari al barile. Un prezzo del greggio così basso incide sulla remuneratività di diversi pozzi, compresi quelli dei produttori americani di shale oil, che saranno perciò destinati alla chiusura. Il 4 aprile il Corriere della Sera ha pubblicato un'intervista a Fareed Zakaria, giornalista indiano specializzato in economia-politica internazionale, il quale afferma:
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 31 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo l'acuirsi della crisi economica, a causa della diffusione del virus Covid19, in relazione alla "nostra" dottrina del divenire storico.
Molto prima che iniziasse la pandemia, il capitalismo attraversava una profonda crisi strutturale che, almeno dal 2008, ha messo a dura prova la stessa legge del valore su cui esso si fonda; il virus rappresenta la famosa goccia che fa traboccare il vaso ormai colmo. Per non rimanere schiacciati dall'attualità, dal flusso incessante di articoli, lanci d'agenzia e video che scorre sugli schermi dei nostri computer, è bene ricordare che il marasma sociale in corso è il prodotto dello scontro tra modi di produzione. In Dottrina dei modi di produzione (1958) si afferma:
"Non può accampare pretesa a chiamarsi dialettico e marxista chi non sa leggere, ogni qualvolta si discute del passaggio da precapitalismo a capitalismo, i taglienti enunciati del passaggio da capitalismo a comunismo".
Nell'articolo "La prima grande rivoluzione" (2010), pubblicato sulla rivista n. 27, viene analizzato il passaggio dagli organismi di produzione e distribuzione delle società comunistiche originarie alle prime forme di proto-stato. La prima rivoluzione ha portato alla nascita dello Stato e cioè di un elemento in grado di controllare la società; oggi siamo in presenza di un Capitale autonomizzato che domina sullo Stato ed il processo, per cui la forma sociale vigente si sta disgregando per lasciare il posto ad una di tipo superiore giungendo da n a n+1, si presenta rovesciato perché la transizione è dalle società di classe al comunismo.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando le nuove disposizioni del governo italiano in merito al contenimento della diffusione del Coronavirus.
Nonostante l'OMS inviti alla responsabilità e al coordinamento internazionale (perché il virus non si ferma certo alle frontiere), gli Stati prendono provvedimenti contraddittori e senza alcuna forma di collaborazione. L'Italia è passata da un iniziale allarmismo ad una generale minimizzazione del fenomeno, fino a mettere in quarantena tutta la popolazione. Germania, Francia, Inghilterra e Spagna, dove i casi sono già migliaia, si muovono in ordine sparso. Paolo Giordano nell'articolo "La linea temporale che è stata trascurata" (Corriere della Sera, 9.3.20) fa notare che "il contagio, una volta iniziato in un'area, procede in maniera simile a quanto è avvenuto o avverrà altrove".
I paesi europei hanno sviluppato sistemi sanitari nazionali che funzionano, ma se guardiamo agli Stati Uniti lo scenario cambia completamente: lì, dal punto di vista della protezione medica, la struttura è carente e in mano ai privati. New Rochelle, una cittadina alle porte di New York considerata area rossa, è stata completamente isolata e da giovedì i soldati della guardia nazionale aiuteranno nei soccorsi e nella gestione dell'emergenza lungo un'area di otto chilometri quadrati.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, ha preso le mosse da alcune notizie riguardanti la diffusione del Coronavirus.
Gli ultimi dati parlano di circa 1800 morti e decine di migliaia di infettati, ma anche di migliaia di malati guariti. Qualcuno fa notare che in Cina ogni anno muoiono 2,4 milioni di persone a causa dell'inquinamento, 600 mila per lo "stress da lavoro", e 300 mila in seguito ad incidenti stradali, senza che alcuno vi presti la dovuta attenzione. Ma mentre il virus si autopropaga, gli incidenti o i morti sul lavoro, seppur tantissimi, rimangono statisticamente stabili; nel caso di epidemie, superata una certa soglia la situazione potrebbe andare fuori controllo. A tal proposito, la società di ricerca aziendale globale Dun & Bradstreet ha lanciato preoccupati allarmi sull'infezione da Covid-19: se continuerà a diffondersi a questo ritmo, nel giro di 3 mesi il business di cinque milioni di aziende nel mondo potrebbe risentirne, con conseguenze nefaste per l'intero sistema capitalistico. Anche se si trattasse di un'esagerazione, di fatto nel mondo globalizzato tutto è interconnesso.
Il Coronavirus finora ha registrato una bassa mortalità (tra il 2 e il 3%), al contrario della Sars, che si è estinta in un tempo relativamente breve. Gli scienziati delle reti, ad esempio Mark Buchanan, trattano i fenomeni sociali al pari di quelli fisici: la diffusione di un virus, come quella di un "meme", risponde a leggi di potenza. Se il numero di infezioni secondarie è maggiore di uno, il numero di persone contagiate aumenta e scoppia l'epidemia; se è inferiore a uno, il contagio rimane circoscritto e il virus scompare. I grafici pubblicati dall'OMS sono ad andamento esponenziale: vuol dire che la trasmissione del Coronavirus è più di 1:1, vuol dire che si sarebbero dovute prendere misure che non sono state prese.
La teleconferenza di martedì, presenti 16 compagni, è iniziata con la segnalazione di alcune news riguardanti la capitalizzazione in Borsa di Tesla.
I titoli della compagnia di Elon Musk hanno sfondato per la prima volta quota 100 miliardi di dollari, scavalcando il colosso tedesco Volkswagen e attestandosi subito dopo la Toyota (oltre 200 miliardi). Il termine capitalizzazione si riferisce al valore globale di mercato delle azioni di un'azienda, e indica, perciò, un valore fittizio.
In passato Musk è stato accusato dalla Sec di turbativa di mercato: siccome gli investimenti sulle sue azioni erano in calo, egli cominciò a diffondere voci su una possibile privatizzazione di Tesla e sulla sua fuoriuscita dalla Borsa, scrivendo in un tweet: "Sto pensando di togliere la Tesla dal listino pagando agli azionisti 420 dollari ad azione". Il mercato gli credette e il valore delle azioni si impennò. Questo è il classico caso di un'azienda che riscuote successo attirando capitali da tutto il mondo grazie all'immagine che ha costruito di sé stessa. Il capitale fittizio non bada più ai "fondamentali", ma all'utile immediato, alla capitalizzazione di Borsa, agli interessi finanziari. Naturalmente, il capitalismo non potrebbe sopravvivere se non vi fosse da qualche parte una produzione di plusvalore con cui placare l'isteria finanziaria, come non potrebbe sopravvivere se si verificasse un aumento generalizzato della produttività attraverso le macchine (e cioè se tutti i capitalisti sostituissero tutti gli operai con robot, non ci sarebbe più il capitalismo).
La teleconferenza di martedì sera, connessi 14 compagni, è iniziata presentando alcuni dei temi che verranno trattati durante il prossimo incontro redazionale di n+1.
Il lavoro sulla socializzazione, in parte pubblicato sul numero 42 della rivista, continuerà con un approfondimento sulla dottrina sociale della Chiesa. Tra la metà e la fine dell'Ottocento, la Chiesa cattolica si trova a dover affrontare l'imponente "questione sociale", ovvero la moderna lotta di classe tra proletariato e borghesia, e tenta di organizzare le masse per allontanarle dalle teorie rivoluzionarie (vedi enciclica Rerum Novarum). La Sinistra Comunista "italiana", che nel filo del tempo "Meridionalismo e moralismo" individua nell'azione sociale della Chiesa uno dei grandi filoni controrivoluzionari insieme a quello socialdemocratico e a quello fascista, ha prodotto molti documenti sull'argomento; il materiale è stato da noi raccolto nel Quaderno Chiesa e fede, individuo e ragione, classe e teoria, dove si trovano le tracce dei passaggi storici fondamentali: questione romana, nascita del Partito Popolare di Don Sturzo, stipula dei Patti Lateranensi, rapporto tra socialismo e anticlericalismo, ecc. Una delle peculiarità della nostra corrente è la lotta contro l'indifferentismo: se è vero che le tre forme di cui sopra sono parte di un processo controrivoluzionario unico, è anche vero che esistono differenze teoriche e politiche che vanno perciò analizzate. La Chiesa, anche se di volta in volta è salita sul carro dei vincitori, ha sempre conservato gelosamente una sua autonomia dottrinale e organizzativa.
Durante la teleconferenza di martedì scorso, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo fatto alcune considerazioni riguardo i vari movimenti sociali che sempre più frequentemente riempiono le strade e le piazze del pianeta.
Non di rado ci è capitato, in seguito ad una nostra riunione o conferenza, che qualcuno dei convenuti si avvicinasse e ci dicesse che finalmente aveva trovato le parole per esprimere ciò che aveva in testa. Questo semplice e gradito commento rivela un aspetto importante della situazione in cui si trovano prime fra tutte le nuove generazioni e in generale chi si pone controcorrente: il vecchio linguaggio, quello legato al riformismo, allo stalinismo o anche alla Terza Internazionale, è assente o, se presente, non riesce più a funzionare da attrattore, risultando inadatto, e viene quindi ignorato. Allo stesso tempo i movimenti che in questi ultimi tempi hanno fatto parlare di sé, come quello francese dei gilets jaunes, ancora non sono riusciti a formularne uno nuovo. Quando un nuovo linguaggio prende piede, non importa se in ambienti di dimensioni contenute o in ampi strati della popolazione, è sempre segno di cambiamento perché significa che nuove forme risultano maggiormente valide rispetto a quelle tradizionali.
Abbiamo quindi letto alcuni passi dell'articolo "Poscritto al Grande Ponte", tratto dall'ultimo numero della rivista:
La teleconferenza di martedì sera, connessi 15 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sul monito lanciato dalla direttrice del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, in un intervento alla Camera di commercio di Washington: "L'economia mondiale sta attraversando un momento delicato [...], il 70% dei Paesi si troverà ad affrontare un rallentamento della crescita nel 2019."
Le economie della maggior parte dei paesi si stanno sincronizzando su un basso livello di crescita, fatto legato allo storico andamento asintotico degli incrementi relativi della produzione industriale. A ciò si aggiunge la situazione politica che non facilita le cose: mentre l'incombente crisi bis avrebbe bisogno di una sintonia internazionale in termini di coordinamento rispetto alle misure d'intervento, avanza l'area politica cosiddetta sovranista che propugna protezionismo, rilocalizzazione, espulsione della manodopera straniera, svalutazioni competitive, esattamente il contrario di quello che servirebbe. Il Capitale, globalizzato e autonomizzato come non mai, deve fare i conti con le borghesie nazionali che per proteggere i loro interessi particolari tirano i remi in barca, minando quelli generali.
La teleriunione di martedì sera, presenti 10 compagni, è iniziata con il commento di alcune notizie provenienti dalla Francia sul "movimento" dei gilet jaunes.
In un intervento durante una trasmissione televisiva, il giornalista Giovanni Minoli ha affermato che i grillini rappresenterebbero la manifestazione italiana del più noto movimento francese. Gli ha fatto eco Beppe Grillo, che in un'intervista su Rainews ha dichiarato che i gilet jaunes hanno lo stesso programma del Movimento 5 Stelle. Entrambi dimenticano che quest'ultimo, una volta entrato in Parlamento, è stato macinato dallo stesso meccanismo che diceva di voler cambiare.
L'articolo di Repubblica "Insieme ma diversi contro l'Europa: la Grande Alleanza dei gilet gialli" (Andrea Bonnani, 10.12.18) è focalizzato invece sull'emergere di manifestazioni anti-sistema: "Dilagano in Francia, sconfinano in Belgio, spuntano in Olanda, si manifestano in Italia e ora sfilano pure per le vie di Londra. La protesta dei gilet jaunes si sta rapidamente estendendo a mezza Europa dando vita ad un fenomeno senza precedenti in cui la forma, cioè la divisa dei giubbetti catarifrangenti pescati nelle dotazioni automobilistiche di sicurezza, accomuna istanze assai diverse."
La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata dal commento di alcune notizie provenienti dagli Stati Uniti.
Nei giorni scorsi un'ondata di indignazione internazionale si è sollevata in seguito alla diffusione di un audio con le voci dei bambini imprigionati nei campi di detenzione al confine tra Messico e Usa, dove vengono separati dai genitori migranti. Va detto che la politica contro gli immigrati non riguarda specificatamente l'amministrazione Trump, in quanto questi centri, gestiti dall'agenzia federale statunitense United States Immigration and Customs Enforcement (ICE), sono attivi almeno dal 2003. Nei primi mesi in cui è entrato in carica il nuovo esecutivo, però, si è registrato un boom di arresti dei migranti non in regola con i documenti:
"A dirlo sono i dati ufficiali diffusi mercoledì dalla Immigration and Custom Enforcement (ICE), l'agenzia federale responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell'immigrazione negli Stati Uniti. Secondo quanto riporta Usa Today, citando i dati diffusi dall'agenzia, nel periodo compreso tra il 22 gennaio e il 29 aprile, sono finiti in manette 41.318 immigrati, per una media di 400 arresti al giorno. Un numero che è aumentato del 38% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente." ("La stretta di Trump sui clandestini: boom di immigrati irregolari arrestati", il Giornale.it del 18.5.17)
Durante la teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, si è ricordato il Rapporto segreto da Iron Mountain sulla possibilità e desiderabilità della pace. Quando uscì, nel 1967, il testo suscitò un certo scalpore ed alcuni si spinsero ad identificarne l'autore nell'economista John Kenneth Galbraith. Il libro fu curato dal giornalista Leonard Lewin e nella prefazione venne presentato come un documento segreto commissionato dal governo americano con lo scopo di valutare la possibilità o meno di arrivare ad una pace globale, studiandone rischi e benefici. Il Gruppo che lo redasse, composto da studiosi e ricercatori, consegnò all'esecutivo il Rapporto che fu detto da Iron Mountain per il nome della località in cui si trovava il rifugio segreto, presso lo stato di New York, in cui si sarebbero riuniti gli scienziati.
Le conclusioni riportate nel documento colpirono l'opinione pubblica. Eccone alcuni passaggi:
La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata commentando la situazione politica italiana a pochi mesi dalle elezioni e l'ipotesi di un'eventuale formazione di un governo tecnico qualora il risultato delle urne non permettesse la costituzione di una maggioranza politica. A tal proposito, Curzio Maltese, su Il Venerdì di Repubblica del 12 gennaio, fa il nome di Mario Draghi come prossimo salvatore della patria ("E super Mario l'Italia salvò").
La maggior parte degli analisti politici concorda sul fatto che le consultazioni di marzo vedranno sia un forte tasso di astensione, soprattutto tra i giovani, sia un risultato elettorale complicato. Il commissario agli Affari economici della Ue Pierre Moscovici, in conferenza stampa a Parigi, ha dichiarato:
"L'Italia si prepara ad elezioni il cui esito è quanto mai indeciso. Quale maggioranza uscirà dal voto? Quale programma, quale impegno europeo? In un contesto in cui la situazione economica dell'Italia non è certamente la migliore al livello europeo, felice chi potrà dirlo."
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 14 compagni, abbiamo parlato del movimento di protesta che ha coinvolto numerose città dell'Iran.
Dalle notizie che è stato possibile reperire sul Web, sembra che la scintilla che ha dato il via alla rivolta sia scoccata lo scorso 28 dicembre a Mashhad, la seconda metropoli del paese con i suoi 2,5 milioni di abitanti, a causa del carovita e dell'elevata disoccupazione e contro la corruzione. Inoltre per il 2018 il governo Rouhani ha approvato una legge di bilancio che prevede, tra le altre cose, un forte aumento del prezzo della benzina (70%), di luce e gas (40%), dell'imposta sui viaggi all'estero e degli importi delle multe stradali, e, soprattutto, abolisce i sussidi governativi diretti che in Iran riguardano circa 20 milioni di persone, un quarto della popolazione.
Inizialmente le manifestazioni sono state utilizzate dai conservatori avversari di Rouhani per denigrare l'operato del governo in carica. Molto presto, però, le proteste si sono generalizzate e fatte più violente, e hanno cominciato a rivolgersi anche contro la guida suprema Khamenei, dandone alle fiamme ritratti e simboli propagandistici. La rivolta, amplificata da social network e servizi di messaggistica istantanea, in particolare Instagram e Telegram (a cui il governo ha subito bloccato l'accesso), si è estesa ad oltre 50 città. Nelle immagini e nei video dei cortei che hanno attraversato le strade di numerose città del paese non si vedono cartelli o bandiere e per ora il movimento non ha espresso nè leader ben definibili nè rivendicazioni costruttive da "proporre" al regime, assumendo piuttosto un profilo anti-sistema confermato anche dagli assalti a colpi di arma da fuoco a caserme e basi militari. Al momento si contano 23 morti e circa 450 arresti, soprattutto tra i giovanissimi.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, ha preso le mosse dalla notizia dell'approvazione in via definitiva del decreto che introduce il reddito di inclusione in Italia.
Se ne discute da tempo: che siano di cittadinanza, di povertà o, come in questo caso, di inclusione, le forme di sostegno al reddito dei più poveri stanno diventando un'impellenza. La misura varata dal governo italiano entrerà in vigore dal 1° gennaio 2018 e prevede un assegno mensile tra i 190 e i 485 euro, a seconda che venga erogato ad un unico individuo o ad una famiglia con 5 o più componenti. Chi vorrà ottenere il sussidio dovrà sottoscrivere "un 'progetto personalizzato' volto al superamento della condizione di povertà" e partecipare a corsi di formazione e di reinserimento nel mondo del lavoro, pena la perdita dell'assegno.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata commentando la diffusione del virus informatico Wannacry.
La vicenda ha inizio nell'agosto 2016, quando il gruppo hacker Shadow Brokers (dal gioco Mass Effect) mette in vendita online al miglior offerente potenti software di incursione sviluppati dall'agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Ma l'asta va male e allora il gruppo decide di rilasciare pubblicamente i file, svelando al mondo le tecniche informatiche utilizzate dagli spioni americani e dimostrando che chi si è infiltrato nei sistemi dell'NSA è riuscito a penetrarne il cuore. Le congetture sul "chi" sono diverse ma senza conferme; le due più diffuse ipotizzano l'una lo zampino di altre intelligence, in primis quella russa, l'altra l'esistenza di una talpa interna (sul tema interessante il film Snowden di Oliver Stone). Il resto della storia si è visto in questi giorni: la diffusione di un ransomware basato sui codici trafugati all'NSA ha raggiunto livelli mai visti prima.
Da un punto di vista tecnico, Wannacry e le sue varianti sfruttano due vulnerabilità presenti nei sistemi operativi Windows, conosciute e sfruttate dall'NSA e "riparate" da Microsoft con l'aggiornamento di marzo scorso. Il virus è stato rilasciato dagli Shadow Brokers dopo che la patch per la falla era già disponibile e pertanto le migliaia di computer coinvolti montavano sistemi sprovvisti dell'ultima versione del programma. Ciò che colpisce è l'elevata viralità dell'infezione, che grazie ad un bug nel protocollo di collegamento di Windows si propaga in tutti i computer collegati alla rete locale.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata commentando gli esiti del referendum sul piano Alitalia.
Con il 67% di no, raggiunto con una partecipazione altissima alle urne (10.101 votanti pari al 90% degli aventi diritto al voto), l'accordo al ribasso sottoscritto da CGIL, CISL, UIL e UGL è stato bocciato dai lavoratori. Il risultato è significativo e non è il primo di tal genere: qualche mese fa, durante la vertenza Almaviva, un referendum analogo è stato accettato dai lavoratori di Napoli ma rifiutato dalla maggioranza di quelli di Roma, che sono stati licenziati. Queste rotture si verificano perché i tagli ai salari e il peggioramento delle condizioni di lavoro hanno raggiunto dei livelli tali per cui i lavoratori non seguono più le indicazioni della Triplice sindacale e mandano al diavolo burocrati e aziende.
Sul tema "lavoro" i 5Stelle hanno reclutato Giorgio Cremaschi, che in un video apparso sul blog del movimento critica apertamente i sindacati proponendo l'eliminazione dei privilegi e dei finanziamenti pubblici e una riforma della rappresentanza sindacale. Durante la presentazione dello studio "Lavoro 2025" in commissione alla Camera, oltre all'ex sindacalista della FIOM è intervenuto il sociologo Domenico De Masi, che, parlando di nuove tecnologie e del futuro del mondo del lavoro, ha affermato la necessità di redistribuire il lavoro esistente arrivando ad una media di 15 ore a settimana. I grillini propongono di destinare 17 miliardi di euro al reddito di cittadinanza e per politiche di reinserimento nel mondo del lavoro, copiando in parte la tedesca legge Hartz.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 11 compagni, è iniziata commentando la notizia della diffusione di documenti riservati della Cia da parte di Wikileaks. Secondo il comunicato pubblicato sul sito, l'Agenzia d'informazioni americana disporrebbe di un vasto arsenale informatico, fatto di malware ed altri codici malevoli, tramite cui sarebbe in grado di accedere ai dispositivi venduti dalle maggiori aziende americane ed europee, come ad esempio l'iPhone della Apple, gli smarthphone con sistema operativo Android (Google) e Windows (Microsoft), e le smart Tv prodotte da Samsung. La Cia sarebbe inoltre equipaggiata per penetrare nei sistemi che formano l'Internet delle cose (IoT).
Niente di cui stupirsi dato che tutto era già stato anticipato dal sistema di sorveglianza Echelon, una sorta di preistoria dell'utilizzo dei Big Data. Oggi i dati vengono prelevati direttamente in Rete, quindi immessi in potentissimi computer ed elaborati. Ma non bisogna farsi impressionare: nessun sistema di spionaggio, per quanto complesso, è in grado di fermare una rivoluzione. Come si è visto durante la Primavera araba, quando milioni di persone scendono in piazza lo spionaggio può fare ben poco.
La teleconferenza di martedì, presenti 13 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sulla situazione generale.
Con il susseguirsi di attentati in Europa e altrove, è inevitabile che qualcuno inizi ad accorgersi che la guerra generalizzata non può essere attribuita alla religione bensì a problemi di natura strutturale. A tal proposito un compagno ha letto alcuni passaggi da un articolo di Eastonline (Jihadisti? Una rivolta generazionale e nichilista):
"Non si tratta di una rivolta dell'Islam o dei musulmani ma di un grave problema sociale che concerne gli immigrati di seconda generazione e i nuovi europei convertiti".
Nel rapporto segreto da Iron Mountain, il famoso testo diffuso nel 1967 dal giornalista americano L.C. Lewin, si affermava che per mantenere prospera l'economia degli Stati Uniti era necessario uno stato di guerra permanente, un controllo totalitario della società e la reintroduzione della schiavitù. Falso o vero che fosse, oggi le indicazioni dei 15 esperti appaiono decisamente attuali.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata dal commento di alcuni dati sull'agricoltura.
Come scritto in L'uomo e il lavoro del Sole, si produce fin troppa quantità di cibo a scapito della qualità. Il capitalismo, un modo di produzione ultra-dissipativo, impiega la maggior parte dei cereali prodotti per ingrassare gli animali da allevamento o per farne combustibile per le macchine. In futuro si tratterà di recuperare le capacità raggiunte dalle società antiche comunistiche: produzione e distribuzione centralizzate e sottoposte a un piano unitario con tanto di ammasso delle scorte a fini redistributivi. Altro nodo importante è quello delle biodiversità: se non viene conservata la varietà dei semi, l'umanità rischia di perdere per sempre le "sue" ricchezze naturali (molteplicità degli organismi viventi e dei rispettivi ecosistemi).
Si è poi passati a commentare le ultime notizie in merito al reddito di cittadinanza. Secondo il presidente dell'Istat, Alleva, il disegno di legge del M5S per il sostegno al reddito ha un costo di 14,9 miliardi di euro. Fino a qualche anno fa chi parlava di salario sganciato dall'obbligo al lavoro era considerato "iperuranico", oggi constatiamo che sono molti a porsi il problema di un sussidio universale di disoccupazione. I borghesi non dormono sonni tranquilli: il governatore di Bankitalia dice che "è da vent'anni e più che l'Italia non cresce". A qualcuno comincia a venire il sospetto che invece di bruciare miliardi per salvare le banche, si potevano spendere per sostenere i redditi dei "cittadini" e così riattivare i consumi.
La teleconferenza di martedì, connessi 14 compagni, è iniziata prendendo spunto dall'articolo Come le reti rivoluzionano il pensiero scientifico (e forse quello umano), tradotto e pubblicato su Le Scienze.
Partendo da esempi storici di cambio di paradigma nel pensiero scientifico (Copernico, Darwin), i ricercatori John Edward Terrell, Termeh Shafie e Mark Golitko dimostrano come la diffusione delle reti in ogni campo metta fortemente in discussione il modo in cui vediamo il mondo e il nostro posto in esso:
"In contrasto con quanto sostenuto dall'Illuminismo in poi, cioè che saremmo creature intrinsecamente egocentriche, la ricerca contemporanea in sociologia, psicologia, neuroscienze e antropologia sta dimostrando che il nostro mondo non gira intorno a noi in quanto individui. Piuttosto, ciò che noi siamo come individui dipende in modo cruciale da come siamo legati agli altri, socialmente ed emotivamente, in reti di relazioni che si estendono in lungo e in largo".
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, si è aperta commentando la rivolta di Ferguson contro la sentenza per l'omicidio di Michael Brown. Dalla periferia di St. Louis la rabbia è presto dilagata in altre 170 città americane. A dire il vero, l'uccisione di civili disarmati da parte della polizia non è affatto una novità negli States, anche pochi giorni fa c'è stato un caso simile a Cleveland. Una mappa dinamica su Internet dà l'idea dell'enorme flusso di tweet con l'hashtag #Ferguson che si è prodotto nel mondo. Ferguson is everywhere (Ferguson è ovunque)!
Nella città in fiamme, oltre ai saccheggi di magazzini e negozi, si sono contati più di 150 colpi di arma da fuoco contro la polizia. Nell'articolo Teoria e prassi della nuova politiguerra americana diciamo che "la politica coloniale, che ha coinvolto e corrotto la popolazione americana, adesso le si ritorce contro, non continua solo verso l'esterno, ma si afferma anche all'interno. La conseguenza è tremenda: gli Stati Uniti sono una colonia di sé stessi e questo fenomeno è registrato con più forza proprio dalle frange borghesi americane spaventate dagli scenari futuri."
Non si tratta solo del superficiale conflitto tra bianchi e neri: quanto è in corso negli Stati Uniti è su basi ben più radicali, di classe. Il vero nemico della borghesia è il fronte interno. E sarà interessante vedere cosa succederà durante il Black Friday. Gli organizzatissimi e decisi lavoratori di Walmart hanno messo in piedi una serie di iniziative per bloccare o almeno mettere il bastone tra le ruote alla giornata più importante per lo shopping americano.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi nove compagni, è iniziata con l'elenco di vari articoli reperiti sul Web. Alcuni sono stati commentati collettivamente, altri sono stati semplicemente segnalati:
- The Future of Robot Labor Is the Future of Capitalism pubblicato sul sito Vice. Continuano a diffondersi in ambienti lontani dal "marxismo" tentativi di descrizione di un futuro slegato dal capitalismo, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza epistemologica.
- Limits to Growth was right. New research shows we're nearing collapse, The Guardian.
- Bad news: Wages are down for pretty much everyone, Washington Post, sulla diminuzione dei salari negli Stati Uniti.
- The Ultimate Financial Security: 18 steps You Can Take to Prepare Yourself for the Next Economic Meltdown, Wealth Daily: come prepararsi alla catastrofe economica prossima ventura.
- Usa con l'Iran e Turchia con i curdi quelle strane alleanze contro il Califfo, Federico Rampini sulle "innaturali" alleanze per limitare il marasma sociale in Medio Oriente.
- "Il concetto di ordine mondiale che ha governato sinora i rapporti internazionali è entrato in una crisi irreversibile": Henry Kissinger parla al Corriere della Sera della crisi che attraversa il modello Occidentale e non.
- Né con l'Ucraina né con la Russia! Ampliamo il nostro fronte, quella della rivoluzione sociale. L'articolo è preso e tradotto in italiano dal blog del gruppo Tridni Valka.
La teleconferenza di martedì, connessi dieci compagni, è iniziata con l'elenco di alcune notizie recenti che forniscono un quadro dello scenario politico-economico mondiale a dir poco disastroso:
-sette anni di crisi: miseria crescente e crollo dei consumi in Italia e altrove (allarme deflazione);
-Germania: aumento dei disoccupati e calo di fiducia delle imprese nell'economia;
-Francia: dichiarazioni anti-austerity del ministro dell'Economia e conseguente rimpasto di governo, instabilità politica che tocca il cuore dell'Europa;
-Draghi: ipotizza l'avvio di un piano di acquisto di titoli di Stato dell'Eurozona da parte della Bce;
-Usa: possibile alleanza con Assad per ostacolare l'avanzata degli jihadisti in Siria e Iraq;
-Libia: il paese ormai è diviso con due presidenti e due governi, mentre Egitto ed Emirati Arabi Uniti bombardano gli islamisti;
-Ucraina: carri armati russi entrano nel sud-est del paese;
-Papa: annuncia l'inizio della terza guerra mondiale.
Lo sostiene Bernardo Gutiérrez sulla base dello studio World Protests 2006-2013: le 843 rivolte scoppiate nel mondo negli ultimi otto anni fanno del periodo storico che stiamo attraversando quello più agitato della storia, in cui si fa spazio un nuovo concetto di rivoluzione e compare sulla scena un nuovo soggetto politico. Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo avuto modo di commentare l'interessante articolo dello scrittore e giornalista spagnolo.
Il documento a cui si fa riferimento lungo tutto lo scritto propone un'analisi dettagliata delle cause scatenanti e delle forme di espressione assunte dalle proteste più importanti avvenute negli ultimi anni. Gutiérrez mette insieme i dati raccolti e tenta di cogliere la dinamica più ampia che lega ogni singola rivolta locale, diversa nei suoi aspetti peculiari ma accomunata e integrata con tutte le altre attraverso una struttura globale a rete capace, come lo stesso capitalismo, di fare velocemente il giro del mondo. Di fronte ad un mondo in subbuglio viene chiamato in causa Marx - a dire il vero in maniera piuttosto confusa - che, a quanto pare, non avrebbe saputo anticipare il "nuovo soggetto politico – più diffuso, più eterogeneo, più inclassificabile – [che] scompagina le definizioni e le frontiere formali delle rivoluzioni." Paradossalmente, seppur intriso di una concezione luogocomunista, Gutiérrez scorge una novità nelle manifestazioni di protesta rispetto al passato, e cioè proprio quel tratto anonimo e tremendo caratteristico delle rivoluzioni, per cui le 843 proteste scoppiate tra il 2006 e il 2013 non hanno espresso capi carismatici o, laddove questo è avvenuto, il "malcapitato" è stato sommerso dai milioni in lotta, da "una moltitudine senza volto né leaders, che sta sostituendo i pezzi del sistema senza modificare di colpo il suo sistema operativo. Una moltitudine resiliente e mutante, che anche senza prendere il potere trova le brecce del sistema, hackerando per spargere i semi del nuovo mondo".
Durante la teleconferenza di martedì sera abbiamo ripreso la discussione su quanto sta accadendo in Ucraina. La vicenda va inquadrata come un aspetto particolare della politiguerra americana, e la rilettura di alcuni passi dell'articolo Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio (n+1, n° 21) aiuta ad approfondirne alcune caratteristiche.
La diplomazia internazionale, riunitasi a Ginevra nel tentativo di stabilizzare la situazione ucraina, sembra non essere riuscita a porre un freno alle dinamiche venute a galla con gli scontri di piazza Maidan. Qualche giorno fa Putin ha promulgato una legge che facilita il percorso per ottenere la cittadinanza russa per le popolazioni russofone residenti nelle ex repubbliche sovietiche. Milioni di persone potrebbero perciò richiedere il diritto alla protezione da parte di Mosca, e quanto avvenuto in Crimea potrebbe ripetersi nelle aree di influenza russa come Estonia, Moldavia, Georgia, Kazakhstan, ecc. Gli americani, secondo alcune indiscrezioni del New York Times, starebbero elaborando una strategia di contenimento, simile a quella utilizzata nel corso della guerra fredda, per un isolamento politico progressivo della Russia.
La situazione sta mutando rapidamente e assomiglia a quanto successo in Georgia (2008) e soprattutto in Cecenia, dove potentati locali hanno esautorato i russi. I quali hanno reagito radendo al suolo tutto quello che trovavano sul loro cammino e poi, visto che l'occupazione in pianta stabile del territorio non funzionava, hanno affidato l'amministrazione del paese a signori della guerra locali.
Sembra che in Ucraina si prospetti una situazione di questo tipo, con la differenza che il territorio in questione è un importante snodo geo-strategico tra Europa e Russia; e con l'aggravante che sia gli americani che i russi si stanno lasciando trascinare in una pericolosa escalation piuttosto che governare dall'esterno il conflitto. Inoltre, forze interne ucraine potrebbero autonomizzarsi da entrambi gli schieramenti aumentando ancor più il caos nella regione.
Constato con piacere l’unicità dell’analisi politica che emerge tra le righe dei vostri articoli, specialmente alla luce delle banalità, tautologie e semplificazioni astratte che ci piovono addosso dai media (ed è normale), ma anche dalle fonti "alternative" (ed è più preoccupante). Proprio a questo proposito credo sia importante sottolineare il dramma in cui versano i cosiddetti redentori nostrani del proletariato occidentale: la catastrofe irachena è stata trattata, da noti "esperti" del marxismo, alla stregua di un episodio tragico ma nuovo, speciale, talmente orrendo da dover necessariamente risvegliare le "masse". Invece, come giustamente fate notare, lo sterminio quotidiano nella normalità della pace è superiore a quello provocato dalle operazioni militari, nel silenzio ottuso dei pacifisti. Ed è questa normalità che mi sconvolge, con i suoi Patriot Act, le sue Guantanamo, i suoi killer sguinzagliati per il mondo che ora si aggiungono al resto.
[Un gruppo di giovanissimi ci aveva inviato un documento circolare sul quale avevamo fatto alcuni commenti. Questo è il seguito della corrispondenza].
"Vi ringraziamo per aver letto il nostro documento e replicato. Avete ragione sul fatto che dava l'impressione di essere indirizzato a largo raggio: infatti lo scritto aveva l'intenzione di avviare una discussione allargata. L'abbiamo inviato anche a compagni, soprattutto giovani che, illusi, gravitano intorno a Rifondazione. Purtroppo siamo in una situazione di totale spiazzamento, soprattutto delle fasce giovanili, rincitrullite dai 'miti' antiglobalizzatori attuali e, nella migliore delle ipotesi, seguaci della nuova autonomia, da cui traggono teorie sul negriano 'impero' al posto di quelle classiche sull'imperialismo.
Ho letto la vostra opera in due volumi Scienza e rivoluzione. Lo sviluppo rivoluzionario della forza produttiva capitalistica, la pretesa conquista del cosmo e la teoria marxista della conoscenza e l'ho trovata di grande interesse. In essa si trovano molte informazioni e considerazioni sull'argomento della "questione spaziale", che ne danno un quadro sufficientemente chiaro. Su tale questione c'è una grande ignoranza e l'ampia opera che avete preparato servirà a indirizzare verso uno studio corretto, soprattutto per capire ciò che è possibile e ciò che è impossibile. Qui, forse, si trovano le maggiori correzioni rispetto agli articoli di Amadeo Bordiga in Il Programma comunista a cavallo tra gli anni 1950 e 1960.
Dopo l'uscita dei primi due numeri (zero e uno) della rivista e la pubblicazione del nostro sito su Internet si è intensificato lo scambio di corrispondenza. In genere si tratta di brevi messaggi, ma ci arrivano anche lunghe lettere che affrontano argomenti vari, come del resto succede da vent'anni. L’importanza di un lavoro "in doppia direzione", sottolineata dalle Tesi di Milano, ci ha suggerito, come strumento, questa rubrica, pubblicata anche in rete. Preghiamo chi ci scrive di distribuire magari in lettere diverse i vari temi, in modo che si possano raggruppare più agevolmente con criteri tematici; questo permetterebbe di fornire a tutti un quadro più chiaro del lavoro comune. Per parte nostra, rispondiamo sempre anche direttamente ai nostri corrispondenti.
Editoriale: Non potete fermarvi
Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra
Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto
Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera
Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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